Pressione arteriosa sotto controllo e vivremo più a lungo. Quando va assunta la terapia?

L'ipertensione è una patologia spesso trascurata, ma con conseguenze a volte gravi. Il controllo periodico della pressione dovrebbe essere un'abitudine...

Pressione arteriosa sotto controllo e vivremo più a lungo. Quando va assunta la terapia ?  –  Da uno studio pubblicato su Jama è emerso che coloro che hanno assunto un farmaco antipertensivo (diuretico) prescritto tra gli anni ’80 e ’90  hanno guadagnato in media 1 giorno di vita in più per ogni mese di trattamento, purtroppo però in  Italia, il controllo pressorio viene sottovalutato (un iperteso su tre non controlla la pressione), nonostante tutti siano consapevoli dell’importanza di questo fattore di rischio.

 

Ma qual è la strategia migliore per abbassare i valori pressori ?

La prima cosa da fare  è cambiare le abitudini scorrette: mangiare sano aumentando la quantità di frutta e verdura, evitare l’assunzione di cibi ad alto contenuto intrinseco di sale e ridurre la salatura delle pietanze, svolgere regolarmente attività fisica , ridurre l’alcool, non fumare. E’ stato visto che quando si accende una sigaretta si verifica un aumento pressorio  in media di 20 mm Hg e l’effetto dura per circa mezz’ora. Un occhio di riguardo va poi riservato al controllo del peso e in particolare alla misura della circonferenza vita: (consigliamo la consultazione del capitolo Sovrappeso e obesità) Quest’ultima rappresenta un valido indice della distribuzione del tessuto adiposo in sede viscerale, ed è quindi in grado di fornire utili indicazioni sulla localizzazione del grasso corporeo. La presenza di una quantità eccessiva di grasso a livello addominale infatti si associa spesso a molte patologie, come il diabete di tipo II, l’ipertensione arteriosa, la dislipidemia e le malattie cardiovascolari.

 

Una persona ha un’eccessiva quantità di grasso addominale se la sua circonferenza vita è . . .
negli uomini > 94 cm

nelle donne > 80 cm

 

Talvolta però questi provvedimenti non sono sufficienti, così come è ormai evidente che in oltre il 60% dei pazienti, per raggiungere un buon controllo pressorio, un solo principio attivo non è sufficiente. Questa affermazione  viene confermata da un grande lavoro (eseguito su 200 mila adulti) pubblicato su Hypertension, grazie a questo studio è stato possibile dimostrare che la terapia combinata produce una riduzione del rischio cardiovascolare del 26%. Questo sembra essere dovuto al fatto che l’ipertensione è una condizione che si instaura per una molteplicità di fattori; agire contemporaneamente su più  meccanismi che la alimentano permette di ottenere risultati migliori. E’ da precisare inoltre che  gli effetti collaterali di alcune categorie di farmaci, come i diuretici, vengono neutralizzati almeno in parte dall’associazione con i prodotti  come sartani e ACE-inibitori che agiscono sul sistema degli ormoni renina e angiotensina, per questo motivo questi ultimi vengono prescritti  dal medico  in quanto efficaci  senza determinare effetti collaterali  che rischiano di scoraggiare i pazienti e far loro interrompere la cura.

Oltre ai diuretici, anche i beta bloccanti possono favorire con il tempo la comparsa di alcune patologie  e vanno quindi riservati a particolari categorie di pazienti. Assolti da ogni accusa invece i calcio antagonisti, in passato sospettati di aumentare gli attacchi di cuore o i tumori. Oggi sono disponibili in Italia anche in associazione con altri medicinali. Così, non ci si deve ricordare di due diverse compresse nè si incide significativamente sui costi, anche grazie alla disponibilità di generici economici.

Da un altro recente studio pubblicato poche settimane fa, eseguito su 660 persone con insufficienza renale cronica, studiate dal gruppo di Ramòn C. Hermida dei Laboratori di Bioingegneria e Cronobiologia dell’Università di Vigo in Spagna, pubblicato su Journal of the American Society of Nephrology per abbassare la pressione arteriosa non occorre aumentare la dose o il numero di medicine da prendere: in molti casi è sufficiente assumerle al momento giusto, cioè la sera prima di andare a dormire. In tal modo si possono tenere meglio sotto controllo i valori di massima e minima, ma soprattutto si può ridurre notevolmente il rischio di infarto e ictus. Sembra infatti  che a parità di condizioni iniziali, quelli a cui è stato raccomandato di prendere almeno una delle pillole prescritte la sera invece che al mattino hanno avuto nei cinque anni successivi un numero di eventi cardiovascolari gravi inferiore di quasi il 70% rispetto agli altri. Non solo infarti e ictus, ma anche decessi, attacchi di angina o interventi resisi necessari per ristabilire il flusso sanguigno coronarico, scompenso cardiaco od occlusione delle arterie che vascolarizzano gli arti inferiori o la retina. Questi miglioramenti sono dettati dal migliore controllo della pressione, misurata la sera: per ogni calo di 5 mmHg della pressione “massima”(sistolica) si è osservata in media una riduzione del 14% del rischio cardiovascolare. E’ risaputo che si ha un picco della pressione arteriosa prima del risveglio dopo un calo registrato durante la notte per questi motivo sembrerebbe sensato assumere la terapia antipertensiva non al mattino ma bensì alla sera

A tale proposito riportiamo le affermazioni di  2 esperti del settore, il cardiologo milanese C. Schweiger afferma che: «E’ ragionevole pensare che la pastiglia presa con la prima colazione cominci a perdere effetto proprio nelle prime ore del mattino seguente, quando la pressione è fisiologicamente più alta e maggiore è infatti anche il rischio di infarti»; e del Prof. F. Portaluppi, (Medicina Interna all’Università di Ferrara), che aggiunge una precisazione: «Se questo vale per tutti, è tanto più vero per quella categoria di pazienti che in gergo chiamiamo “non dippers”, quelli cioè nei quali non si assiste al calo fisiologico della pressione durante la notte». A questa categoria appartengono di solito i diabetici o i malati renali cronici, ma il fenomeno può insorgere con il tempo anche in chi soffre solo di ipertensione semplice, quella detta essenziale. “Anzi, ci sono persone in cui i valori salgono durante il sonno più che di giorno, quando possono addirittura sembrare normali. Questa ipertensione nascosta non è meno pericolosa: uno studio, pubblicato su Lancet e condotto in sei diversi Paesi su quasi 7.500 persone per poco meno di dieci anni, ha dimostrato che le più importanti conseguenze in termini di mortalità si hanno proprio in relazione ai valori registrati durante la notte”.

La somministrazione serale può evitare l’aumento delle dosi o l’aggiunta di un ulteriori farmaci. L’effetto positivo della somministrazione serale della terapia anti-ipertensiva si manifesta anche nella popolazione generale, non solo nelle persone in cui la pressione non scende durante la notte. Ma non è uguale per tutti i medicinali: il vantaggio più eclatante si ottiene con i farmaci ACE inibitori e sartani; è meno evidente con i calcio antagonisti, mentre sembra proprio mancare con betabloccanti e diuretici, questi ultimi oltretutto costringerebbero il paziente ad alzarsi durante il sonno.

Una precisazione così come ci sono “gli ipertesi da camice bianco” ci sono però anche “i falsi sani”ovvero coloro in cui si registrano aumenti pressori durante la notte e ciò mette a rischio i vasi, il cuore e più in generale la salute. Per questo motivo il National Institute for Clinical Excellence (NICE) britannico, nelle sue ultime Linee guida pubblicate l’estate scorsa, ha rivoluzionato i criteri di diagnosi dell’ipertensione ovvero  secondo le nuove indicazioni il consiglio è di eseguire il monitoraggio della pressione arteriosa delle  24 ore in quei soggetti in cui si trovano valori pressori elevati anche occasionalmente; l’aumento di spesa legato a questo approfondimento diagnostico, potrebbe essere compensato da una migliore appropriatezza delle cure.

Ricordando che la terapia farmacologica deve obbligatoriamente essere impostata e modulata da un cardiologo, ribadiamo però come già detto precedentemente,che attuare dei cambiamenti nello stile di vita è fondamentale pertanto cerchiamo di svolgere regolarmente attività fisica utile sia nella prevenzione che nella terapia dell’ipertensione, possono essere  sufficienti 40-45 minuti di camminata veloce quotidiana; anche ridurre drasticamente l’assunzione di sodio con la dieta che non significa  evitare di salare le pietanze ma limitare il più possibile l’assunzione di alimenti ricchi di sale come i prodotti da forno, gli affettati, i formaggi ecc  A questo link troverete la quantità di sale di alcuni alimenti ……. Il sale? Meglio poco, ricordiamo che l’apporto giornaliero consigliato di sale è dell’ordine di 4-5 grammi; nel soggetto iperteso dovrebbe essere di circa 2-3 grammi.

A proposito di eccesso di sale lo scorso 11 gennaio è stata pubblicata su Journal of Hypertension una interessante ricerca che dimostra che l’eccesso di sale stimolerebbe il sistema nervoso simpatico a produrre adrenalina, la quale a sua volta determinerebbe il tanto temuto fenomeno di costrizione delle arterie, e dunque dell’ipertensione. Lo studio dimostra in modo inequivocabile che il sistema nervoso simpatico dovrà essere oggetto nell’immediato di ulteriori ricerche allo scopo di mettere a punto nuovi trattamenti contro l’ipertensione.

Un ausilio nel controllo della pressione può essere dato, sempre dopo aver consultato il proprio medico, dal magnesio e dall’utilizzo di acidi grassi essenziali che hanno una buona azione sulla riduzione dell’infiammazione e di prevenzione cardiovascolare. Nei casi di ipertensione lieve, causata da stress, può essere utile a volte, la Tilia Tomentosa associata ad altri prodotti specifici: la posologia consigliata è di 20-40 gocce di Tilia Tomentosa 1 DH in un po’ d’acqua, da 2 a 3 volte al giorno, prima dei pasti.

 

 

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