Covid-19, vitamina D e numero di casi

Secondo uno studio pubblicato su Aging Clinical and Experimental Research esiste un'associazione tra i livelli medi di vitamina D in diversi paesi europei con i casi di Covid-19 e anche con i tassi di mortalità per la malattia.

Covid-19, associazione tra i livelli di vitamina D e il numero di casi

Secondo uno studio pubblicato su Aging Clinical and Experimental Research esiste un’associazione tra i livelli medi di vitamina D in diversi paesi europei con i casi di Covid-19 e anche con i tassi di mortalità per la malattia. «In conclusione, abbiamo osservato significative relazioni grezze tra i livelli di vitamina D e il numero di casi Covid-19 e in particolare la mortalità causata da questa infezione. Il gruppo di popolazione più vulnerabile per Covid-19, la popolazione che sta invecchiando, è anche quella che presenta i livelli di Vitamina D più carenti» scrivono Petre Cristian Ilie, del Queen Elizabeth Hospital King’s Lynn Nhs Foundation Trust nel Regno Unito, e colleghi.

Come si evince dallo studio, in Spagna e in Italia, due paesi con alti tassi di mortalità da Covid-19, e in Svizzera, i livelli di vitamina D delle persone anziane sono più bassi di quelli rilevati nei paesi situati più a nord. I livelli vitamina D dei paesi dell’Europa meridionale sarebbero più bassi in quanto le persone, soprattutto le più anziane, evitano di esporsi al sole, preferendo l’ombra. In più, la pigmentazione della pelle riduce la sintesi della vitamina in questione. Nel Nord Europa i più alti livelli di vitamina D trovati dipenderebbero dal consumo di olio di fegato di merluzzo e di integratori di vitamina D. «Precedenti studi osservazionali riportano associazioni indipendenti tra bassa concentrazione sierica di 25-idrossivitamina D e suscettibilità alle infezioni acute del tratto respiratorio» scrive Ilie.
Dall’analisi dei livelli della vitamina D in 20 paesi europei e della morbilità e mortalità causata da Covid-19, è stata osservata una correlazione negativa tra i livelli medi di vitamina D e il numero di casi e il numero di morti causati da Covid-19 su 1 milione di abitanti.
«Uno studio precedente ha dimostrato che il 75% delle persone in strutture come ospedali e case di cura era gravemente carente in vitamina D. Sarebbe consigliabile eseguire studi dedicati sui livelli di vitamina D nei pazienti Covid-19 con diversi livelli di gravità della malattia» ha dichiarato l’autore Lee Smith, della Anglia Ruskin University. Da notare i limiti dello studio, tra cui il fatto che il numero di casi in ogni paese sia influenzato dal numero di test eseguiti e dalle misure adottate per prevenire la diffusione dell’infezione.

Vitamina D
La vitamina D viene sintetizzata dal nostro organismo per azione della luce solare.  Di solito l’esposizione al sole è normalmente sufficiente affinché vi sia una adeguata produzione interna di vitamina D, ma se la produzione endogena dovesse risultare insufficiente è possibile assumerla attraverso alcuni alimenti come latte, uova, formaggio, burro, olio di fegato di merluzzo, anche i cosiddetti pesci grassi come aringhe e salmone ne sono ricchi; questa vitamina svolge un’importante funzione poiché stimola l’assorbimento a livello intestinale del calcio e del fosforo, favorendo la mineralizzazione della matrice ossea.
È oggi ritenuta un ormone per il ruolo importante che svolge anche a livello immunitario. I migliori contenuti li troviamo in aringhe, alici o alcuni funghi come i chiodini, mentre è l’esposizione alla luce solare la maggiore fonte. Si considera che buoni livelli di vitamina D nel sangue siano compresi tra 30-50 ng/dl. La quantità di vitamina D che si riceve dal sole dipende da molti fattori:
1) l’ora del giorno (la pelle ne produce di più quando è al sole a metà giornata);
2) la quantità di pelle esposta (più pelle espone una persona, più vitamina D produce il corpo, l’esposizione della schiena, ad esempio, consente al corpo di produrre più vitamina D rispetto alle mani e al viso);
3) colore della pelle: quella pallida assorbe più rapidamente delle pelli di colore più scuro.
Il modo migliore per ottenere abbastanza vitamina è attraverso l’esposizione al sole non protetta da filtri solari, ma questo può causare gravi problemi, soprattutto nei soggetti con pelli chiare e tendenti ad avere molti nei. Quindi occorre valutare i fattori di rischio personali. In generale un’esposizione frequente al sole e per tempi brevi, evitando di scottarsi, è da ritenersi salutare. In caso di carenza è raccomandabile l’integratore a base di vitamina D3 (colecalciferolo), affidandosi ad una figura professionale che ne stabilità il dosaggio giornaliero adeguato.

Tratto da Nutrizione 33