Cuore a rischio con merendine, biscotti e crackers….
Nuove conferme sul ruolo dell'alimentazione nel prevenire o causare danni al nostro cuore.

Nuove conferme sul ruolo dell’alimentazione nel prevenire o causare danni al nostro cuore.
Cuore a rischio: i grassi che assumiamo con l’alimentazione possono essere nostri alleati o nemici a seconda del tipo, qui ricordiamo che i grassi trans presenti nelle merendine, nei biscotti, nei crackers o meglio in tutti i prodotti da forno industriali, possono aumentare il rischio di patologie coronariche, purtroppo il loro consumo è molto diffuso come dimostrato da un nostro studio, in cui l’intolleranza alimentare più diffusa era risultata proprio quella ai grassi vegetali.
Così come negli alimenti troviamo grassi dannosi, ne troviamo anche altri amici del nostro cuore presenti per esempio nel pesce e nell’olio d’oliva extravergine e sono i grassi omega 3 e omega 6, che non dovrebbero mai mancare dalle nostre tavole come risulta dagli studi che abbiamo raccolto di seguito.
Uno studio pubblicato su Circulation, A prospective study of trans fatty acids in erythrocytes and risk of coronary heart disease Sun Q, Ma J, Campos H, Hankinson SE, Manson JE, Stampfer MJ, Rexrode KM, Willett WC, Hu FB Circulation. 2007 Apr 10;115(14):1858-65, ha mostrato come un elevato consumo di acidi grassi trans, presenti negli oli vegetali parzialmente idrogenati e in numerosi cibi di preparazione industriale (biscotti, cracker, dolci e cibi fritti) è stato associato a un aumento del rischio di patologie coronariche.
Lo studio ha valutato la presenza degli acidi grassi trans nel sangue di quasi 33 mila donne e il conseguente rischio di coronaropatia; siccome gli acidi grassi trans non vengono sintetizzati dall’uomo, il loro livello negli eritrociti è un eccellente biomarker del loro introito.
Al termine dei 6 anni di follow up, i risultati hanno evidenziato che un’elevata presenza di grassi trans nel sangue era correlata all’apporto di tali grassi con la dieta ed era associata a una riduzione del colesterolo “buono” HDL e a un aumento del colesterolo “cattivo” LDL e del rapporto LDL/HDL. Inoltre, in seguito ad analisi dei dati tenendo conto di diversi fattori quali l’età, l’abitudine al fumo, il regime dietetico e lo stile di vita, è emerso che le donne che presentavano i maggiori livelli di grassi trans negli eritrociti avevano un rischio 3 volte più elevato di sviluppare patologie coronariche, rispetto a quelle con livelli sanguigni più bassi.
Come è possibile contrastare l’effetto negativo dei grassi trans e prevenire le malattie cardiovascolari?
Uno studio giapponese pubblicato su Lancet, Effects of eicosapentaenoic acid on major coronary events in hypercholesterolaemic patients (JELIS): a randomised open-label, blinded endpoint analysis Yokoyama M Lancet. 2007 Mar 31;369(9567):1090-8 mostra come il consumo di acidi grassi omega 3 è associato a numerosi effetti benefici per la salute: prevenzione cardiovascolare e nei confronti di alcune forme tumorali, corretto sviluppo del feto in gravidanza, modulazione dell’umore. Lo studio giapponese ha confrontato gli effetti sulla salute cardiaca delle statine (principali farmaci antiaterosclerotici) e dell’acido eicosapentaenoico (EPA). Il Japan EPA Lipid Intervention Study (JELIS) ha coinvolto 18645 giapponesi con ipercolesterolemia (livelli di colesterolo superiori a 6,5 mmol/l), i quali sono stati randomizzati ad assumere EPA più una statina (10 mg di pravastatina o 5 mg di simvastatina) oppure solo la statina.
Dopo circa 5 anni di follow up, 262 pazienti nel gruppo EPA e 324 nel gruppo “solo statina” hanno avuto un evento coronarico maggiore (morte cardiaca improvvisa, infarto fatale e non e altri eventi cardiaci non fatali), con una riduzione del rischio, per coloro che assumevano omega-3, del 19%. In particolare, mentre il consumo di omega-3 sembrerebbe proteggere da angina e da altri eventi coronarici non fatali, lo stesso effetto protettivo non influenzerebbe l’incidenza di morte cardiaca improvvisa e mortalità cardiaca in generale (contrariamente a quanto osservato nello studio GISSI, condotto in Italia). Secondo gli autori tale differenza nella prevenzione potrebbe derivare dalle abitudini alimentari dei soggetti coinvolti nello studio. I giapponesi, infatti, hanno un’alimentazione molto ricca di pesce (e, di conseguenza, di omega-3) e assumono quindi già la quota necessaria a proteggerli, ove possibile, dalla mortalità cardiovascolare; aumentando le dosi di EPA assunto si osserva un effetto favorevole anche sugli eventi cardiaci non fatali.
Un’altra differenza evidenziata dai dati dello studio riguarda la storia clinica dei pazienti: in quelli con alle spalle un disturbo coronarico importante il trattamento con EPA ha evidenziato una riduzione del rischio statisticamente significativa pari al 19%, mentre in coloro che non presentavano problemi cardiaci nella propria storia clinica, l’incidenza di eventi coronarici diminuiva di un 18% non significativo.
Un altro studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition, Long-term fish consumption is associated with protection against arrhythmia in healthy persons in a Mediterranean region–the ATTICA study Chrysohoou C et al. Am J Clin Nutr. 2007 May;85(5):1385-91, ha mostrato come una dieta ricca di acidi grassi omega 3 avrebbe effetti benefici anche sul ritmo cardiaco e proteggerebbe contro il rischio di morte improvvisa. Lo studio ha coinvolto più di 3 mila persone (uomini e donne di età media 45 anni) per ricercare l’associazione tra il consumo di pesce e omega-3 e il rischio di aritmie cardiache. I partecipanti hanno compilato un questionario per stabilire le abitudini alimentari, il livello di attività fisica e il consumo di alcool; inoltre, sono stati sottoposti a elettrocardiogramma per la misurazione di alcuni parametri cardiaci. Gli autori hanno osservato che coloro che consumavano più di 300 grammi a settimana presentavano una riduzione del 13,6% dell’intervallo QT, rispetto a chi non ne mangiava; la riduzione passava al 29,2% dopo aggiustamento dei dati per età, sesso, livello di attività fisica, indice di massa corporea, abitudine al fumo e consumo di noci. L’intervallo QT è un indicatore delle caratteristiche del ciclo elettrico del cardiaco; elevati intervalli QT, in particolare indicano una lenta ripolarizzazione ventricolare e sono stati associati a un aumento del rischio di morte improvvisa.
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