Dieta ricca di proteine vegetali

Uno studio giapponese pubblicato su JAMA Internal Medicine conferma i benefici di una  dieta ricca di proteine vegetali sembrerebbe infatti che un maggior apporto di proteine vegetali potrebbe favorire la longevità e la salute a lungo termine. In particolare, i ricercatori del Japan Public Health Center-based Prospective Study Group hanno dimostrato che l'assunzione di proteine vegetali è associata a un minor rischio di mortalità per qualsiasi causa e per cause cardiovascolari.

Dieta ricca di proteine vegetali
Uno studio giapponese pubblicato su JAMA Internal Medicine conferma i benefici di una  dieta ricca di proteine vegetali sembrerebbe infatti che un maggior apporto di proteine vegetali potrebbe favorire la longevità e la salute a lungo termine. In particolare, i ricercatori del Japan Public Health Center-based Prospective Study Group hanno dimostrato che l’assunzione di proteine vegetali è associata a un minor rischio di mortalità per qualsiasi causa e per cause cardiovascolari.
Inoltre, se consumate al posto di quelle provenienti dalla carne rossa, il rischio di mortalità totale, correlata al cancro o a malattia cardiovascolare, si riduce.
Com’è noto, una dieta ricca in proteine porta diversi benefici, tra cui:

  • una diminuzione del peso corporeo 
  • un miglioramento della glicemia e dei rischi cardiovascolari.

Ma gli effetti sulla salute a lungo termine delle proteine di origine vegetale e animale potrebbero non essere gli stessi, vista la loro diversa composizione in amminoacidi. «Chiarire l’associazione tra fonti specifiche di proteine e mortalità può aiutare gli individui a vivere più a lungo sostituendo un tipo di proteina con un altro» afferma il primo autore Sanjeev Budhathoki, del centro oncologico nazionale di Tokyo, in Giappone.
Lo studio
Lo studio è stato condotto su più di 75.000 giapponesi di età compresa tra i 45 e i 74 anni, senza precedente storia di cancro, malattia cerebrovascolare o cardiopatia ischemica, seguiti per circa 18 anni. Analizzando il tipo di alimentazione dei partecipanti è stato osservato che non c’è stata associazione tra l’assunzione di proteine animali e la mortalità. Ma, in un modello corretto per diverse variabili, le proteine vegetali sono state collegate proprio a una minor rischio di mortalità. Quest’associazione è stata anche trovata con la mortalità per cause specifiche, in particolare per malattia cardiovascolare. Inoltre, sostituendo la carne rossa o processata con le proteine vegetali per un equivalente del 3% di energia (che per 2.000 kcal/giorno, corrispondono a circa 260 g di alimenti ricchi in proteine vegetali come la soia), si è ottenuta una minore mortalità a 15 anni sia totale che collegata al cancro e alle malattie cardiovascolari.
«Il nostro studio suggerisce che le diete che incoraggiano un più alto apporto proteico a base vegetale possono contribuire alla salute e alla longevità» riferisce Budhathoki. (Jama Internal Medicine. 2019 Aug 26. doi: 10.1001/jamainternmed.2019.2806.)
Una precisazione: attenzione però alla tipologia di dieta che si segue perchè l’alimentazione vegetariana o vegana, che attualmente si sta diffondendo, potrebbe acuire la diffusa carenza di colina, un nutriente essenziale che spesso non viene assunto in quantità adeguata.  Questo nutriente, che svolge un ruolo importante in diverse funzioni del nostro organismo, come quella epatica o il metabolismo lipidico, ed è fondamentale per la salute del cervello (in particolare durante lo sviluppo fetale), viene prodotto dal fegato, ma in quantità non sufficienti. Deve essere così assunto con la dieta e gli alimenti che lo contengono maggiormente sono i derivati animali, come manzo, pollo, uova, latticini e pesce, seguiti poi da noci, fagioli e verdure del gruppo delle crucifere. Di conseguenza, il passaggio verso un’alimentazione basata sui vegetali potrebbe compromettere l’apporto di colina. C’è quindi il  rischio che limitando il consumo di latte intero e proteine animali, come suggerito dal rapporto, la quantità di colina assunta, già sotto i livelli raccomandati in Europa, America, Canada e Australia, diminuisca ancora. A stabilire l’apporto adeguato di colina per la prima volta fu l’Institute of Medicine statunitense nel 1998. Raccomandazioni poi riviste più recentemente (2016) dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare. Dati gli importanti ruoli fisiologici della colina se essa non si ottiene nei livelli necessari dalle fonti alimentari, saranno necessarie strategie di integrazione, soprattutto in relazione alle fasi chiave della vita, come la gravidanza