Emozioni e cibo
Mangiare non significa semplicemente soddisfare la sensazione fisica della fame. Non si mangia solo per placare il brontolio dello stomaco, ma anche per soddisfare l’appetito e le proprie emozioni.

Emozioni e cibo – Mangiare non significa semplicemente soddisfare la sensazione fisica della fame. Non si mangia solo per placare il brontolio dello stomaco, ma anche per soddisfare l’appetito e le proprie emozioni.
Le emozioni sono dispositivi automatici (insieme di risposte neuronali e chimiche) orientate alla protezione della vita. Le emozioni primarie, secondo una recente definizione di Robert Plutchik sono otto, divise in quattro coppie: la rabbia e la paura, la tristezza e la gioia, la sorpresa e l’attesa, il disgusto e l’accettazione (Plutchik, 2007). La percezione che abbiamo del nostro corpo è labile e mutevole, oggetto di continui cambiamenti momentanei o permanenti. In alcuni momenti la percezione della nostra immagine corporea ci porta a comportarci in modo diverso, ci sentiamo spesso goffi e impacciati, così come bellissimi e in forma fisica e tutto questo determina tanto il nostro comportamento quanto il nostro vissuto emozionale.
Il corpo può essere oggetto d’amore ma può essere anche oggetto d’odio se ci delude, se non è conforme alle nostre aspettative, se il divario fra il corpo che abbiamo e quello che vorremmo avere è troppo ampio. Le emozioni quindi incidono sulla percezione dell’immagine corporea che cambia a seconda del nostro stato d’animo e queste emozioni dettate sul momento ci portano spesso a non ascoltare i nostri reali bisogni. Inevitabilmente le emozioni fanno parte delle esperienze umane e incidono sulla nostra vita, sul nostro comportamento e sulle nostre abitudini. L’alimentazione è una delle condotte più importanti del repertorio comportamentale dell’uomo e quindi il nutrirsi, il mangiare e di conseguenza il cibo risultano strettamente connessi con l’emozione. Spesso infatti l’alimentazione è legata a determinate situazioni emotive e poche persone considerano il mangiare soltanto come un mezzo di nutrimento. Mangiare è un’attività che assorbe gran parte della giornata, i pasti sono un punto di riferimento importante, scandiscono in un certo momento la nostra giornata. Socializziamo e festeggiamo attraverso il cibo, il cibo fa parte di alcuni rituali religiosi, tutti abbiamo forti preferenze e passioni nei confronti di alcuni alimenti piuttosto che altri. Tutto questo ci mostra come in realtà nessuno di noi riesca ad essere del tutto distaccato ed emotivamente indifferente al cibo e come la fame spesso si confonda con le emozioni ed il cibo venga utilizzato per far fronte alle difficoltà e allo stress della vita quotidiana. La fame, che corrisponde ad un bisogno fondamentale dell’organismo, è propria dell’uomo ma per distinguerla in modo adeguato occorre ed è necessario aver imparato ad ascoltarsi e a rispettare i propri bisogni. Mangiare è un modo per anestetizzare i sentimenti negativi provocati dalle situazioni difficili che ci troviamo a vivere quotidianamente. Una volta che abbiamo imparato che mangiando riusciamo a ridurre lo stress, uno stato di malessere o comunque otteniamo quello che vogliamo, tendiamo a ripetere questo comportamento spinti dal desiderio di “gestire” le proprie emozioni. (Macht, 1999).
La fame emotiva può essere scatenata da una o più emozioni. Può protrarsi per un periodo di tempo più o meno lungo, da alcuni minuti a giorni interi, dopo l’insorgenza delle emozioni, può suscitare la voglia di un cibo specifico oppure il desiderio generico dell’atto di mangiare. Sembra che gli episodi di fame emotiva siano più ricorrenti fra le donne ed in relazione a vissuti d’ansia, inquietudine, rabbia, solitudine, disagio, o comunque a sentimenti negativi verso se stesse. L’atto di mangiare, anche quando non è più presente lo stimolo della fame, permette sicuramente di raggiungere un obiettivo: distrarsi dalle proprie emozioni. Esiste un rapporto circolare fra emozioni e abitudini alimentari: determinati vissuti emotivi possono indurre il desiderio di alcuni cibi e questi a loro volta, sono in grado di influire, almeno in parte, sullo stato emotivo. (Abramson, 2002). Per esempio, da una ricerca si è riscontrato che la gioia porta a consumare quantità di cioccolato e a valutarlo come particolarmente gustoso e stimolante, mentre la tristezza sembra diminuire l’appetito per esso (Macht, 2002). A sua volta, l’assunzione di determinati alimenti è in grado di influenzare lo stato emotivo. Per esempio, pasti ricchi di grassi richiamano notevoli quantità di sangue al cervello, allo stomaco e all’intestino, al punto da indurre un rallentamento dell’attività cerebrale con conseguente sonnolenza e apatia (Dalle Grave, 2003). L’assunzione di carboidrati, invece è in grado di indurre un senso di tranquillità e benessere contribuendo ad elevare il livello di serotonina nel sangue, l’assunzione di proteine porta ad un aumento del tono dell’umore. Alcune sostanze come il saccarosio e la caffeina inducono un aumento di episodi di stanchezza, malumore, nervosismo e depressione. Alcune carenze nutrizionali, come quelle del magnesio e della vitamina B6 causano irritabilità, stanchezza e abbassamento del tono dell’umore. Per chi è depresso e affaticato un buon rimedio è quello di integrare nella propria alimentazione cereali e legumi, eliminando le proteine animali, in particolare quelle della carne, che scatenano aggressività e competizione attraverso la sintesi di neurotrasmettitori come adrenalina, noradrenalina e dopamina. Se invece siamo apatici e stanchi può essere dovuto ad una carenza di ferro e quindi occorrerà aumentare il consumo di lenticchie, agrumi e verdure che sono dei concentrati di vitamina C che permettono la cattura del minerale.
Da un’altra ricerca è emerso come il 60% delle donne e il 50% degli uomini aumenti di peso dopo le nozze. Quest’aumento del grasso corporeo e stato definito come un buon alibi utilizzato dalle donne per sfuggire al sesso coniugale oppure uno schermo per mantenere fra sé e gli uomini un muro di “ciccia”. Se poi il rapporto entra in crisi e scoppiano continui litigi, entrambi i sessi ingoiano rabbia mandandola giù con il cibo: si ingurgita di tutto sostituendo la sessualità con veri e propri “orgasmi gastronomici” (Giommi, 2007).
Anche il carattere gioca un ruolo fondamentale nelle preferenze alimentari: il tipo infantile mangia prevalentemente dolci, l’aggressivo ha bisogno di sapori forti e decisi, il difensivo predilige cibi energetici e il depresso mangia di tutto per non annoiarsi. La neuro-dietologia, la scienza che si occupa delle connessioni fra mente, cibo e psiche, ha confermato da tempo che il cibo influenza il nostro comportamento e il nostro vissuto emotivo. Il cibo di cui ci nutriamo influenza e determina la nostra composizione biochimica. Quando la nostra dieta e’ sbilanciata, squilibrata, innaturale, il funzionamento del cervello e’ disturbato, ne segue un disordine mentale e fisico, che si esprime nell’agire in un modo e nel pensare in un altro, nell’avere delle idee non in armonia con i modelli istintivi ed i ritmi biologici, delle prospettive limitate, uno scarso autocontrollo. Come risultato finale si avrà: la diminuzione delle prestazioni e del piacere, sentimenti di depressione, ansia, paura (nevrosi) e qualche volta, un senso di disorientamento e di smarrimento (psicosi) (Alessandra Merlo, 2006).
A cura della Dott. Valeria Iannello
Psicologia delle Relazioni Educative