Fitoterapia: facciamo chiarezza
La parola "Fitoterapia" deriva dal greco phytón (pianta) e therapéia (cura), quindi letteralmente significa “curare con le piante”. Si tratta della prima fonte di principi medicamentosi utilizzata dall’uomo, oggi in grado di affiancare o sostituire il farmaco convenzionale.

Fitoterapia: facciamo chiarezza
Sin dall’antichità l’uomo ha utilizzato gli effetti benefici dei vegetali, che ancora oggi sono usati in medicina; proprio per la loro origine naturale sono quasi sempre ben tollerati e solo raramente possono avere effetti collaterali.
La European Medicines Agency (EMA), definisce i farmaci vegetali secondo la direttiva 2004/24/CE2. La direttiva fornisce definizioni per i medicinali a base di erbe, i preparati a base di erbe e le sostanze vegetali:
- prodotto a base di erbe: qualsiasi medicinale contenente esclusivamente come principio attivo una o più sostanze vegetali o uno o più preparati a base di erbe, o una o più sostanze vegetali in combinazione con uno o più preparati a base di erbe;
- sostanze vegetali: tutte le piante, frammentate o tagliate, parti di piante, alghe, funghi, licheni in una forma non trasformata, generalmente essiccata, ma a volte fresca. Le sostanze vegetali sono definite con precisione dalla parte della pianta utilizzata e dal nome botanico secondo il sistema binomiale (genere, specie, varietà e autore);
- preparati a base di erbe: preparati ottenuti sottoponendo sostanze vegetali a trattamenti come estrazione, distillazione, espressione, frazionamento, purificazione, concentrazione o fermentazione. Questi includono sostanze a base di erbe sminuzzate o polverizzate, tinture, estratti, oli essenziali, succhi o essudati trasformati.
L’OMS definisce:
- “pianta medicinale” ogni organismo vegetale che contenga, in uno o più dei suoi organi, sostanze farmacologicamente attive, l‘insieme delle quali è detto “fitocomplesso”, che distingue le caratteristiche terapeutiche o preventive della pianta. Anche i composti apparentemente inerti possono dimostrare un effetto coadiuvante l’attività del principiale substrato e rientrare nella definizione di fitocomplesso.
- “droghe vegetali” sono definite dalla Farmacopea Ufficiale nelle avvertenze generali come: piante, secreti, escreti di piante che, come tali o come preparazioni, possono essere utilizzate a fini terapeutici o come sostanze ausiliarie per la preparazione di forme farmaceutiche.
Per tali motivi, la Fitoterapia non deve essere intesa erroneamente come un pensiero filosofico senza traducibilità pratica, ma una vera e propria branca della Farmacologia basata sull’utilizzo delle piante medicinali a scopo preventivo o curativo.
Come per i farmaci convenzionali, anche per i fitoterapici rivestono notevole importanza le concentrazioni e i dosaggi impiegati, fondamentali per garantirne l’efficacia. La Fitoterapia e i meccanismi farmacologici mediante i quali agisce non sono dissociabili da quelli che caratterizzano le medicine convenzionali.
Non meno rilevante è la considerazione della qualità: l’origine vegetale infatti causa alterazioni dovute sia a fattori climatici, sia a procedure di preparazione non corrette. È per questo motivo che i fitoterapici possono avere effetti collaterali.
Oltre il 30% dei farmaci oggi attualmente utilizzati ha come principio attivo un metabolita vegetale o un suo derivato. Esempi:
– Acido acetilsalicilico, ottenuto per emisintesi a partire dall’acido salicilico, a sua volta derivato dalla salicina del salice,
– Morfina dal papavero da oppio,
– Digossina dalla digitale,
– molti anestetici locali, analgesici, narcotici, farmaci antitumorali (62%) e antibatterici (71%) derivano da principi attivi vegetali.
La Fitoterapia si basa sul criterio herbal shotgun, ovvero usa anche estratti contenenti molteplici sostanze che possono sinergicamente influenzarsi. Questo permette un approccio su più bersagli, anziché il singolo bersaglio enzimatico o recettoriale delle molecole sintetiche.
Dal punto di vista chimico, le principali categorie dei metaboliti in grado di svolgere azioni farmacologiche, ovvero dei principi attivi, sono rappresentate da:
• fenoli, polifenoli, flavonoidi, tannini, cumarina (sostanze aromatiche);
• terpenoidi e terpeni (sostanze resinose, presenti negli oli essenziali);
• antrachinoni, saponine, glucosinati, glocoalcaloidi, catechine (glicosidi);
• alcaloidi;
• alcamidi (presenti soprattutto nella radice di echinacea).
Tutte queste sostanze sono in grado di interagire in modo efficace con la fisiologia umana; le più importanti azioni svolte sono: antimicrobica (effetto battericida, fungicida, virostatico) – antiossidante – antinfiammatoria – ormono-regolatrice – lassativa – stimolante del sistema nervoso ecc. ecc.
La maggior parte delle sostanze chimiche delle piante è dotata di attività terapeutica; insieme, queste costituiscono il fitocomplesso. La forza di questi sistemi biologici non è nella semplice somma delle singole parti, ma nelle proprietà derivanti dalla loro integrazione. Il fitocomplesso è il responsabile delle proprietà benefiche della pianta medicinale, che possono essere diverse da quelle di uno o più dei suoi componenti presi singolarmente. Questo spiega perché ogni pianta possieda, sia un’azione medicamentosa considerata predominante, sia altre azioni dette secondarie, talvolta anche assai diverse da quella principale.
Il fitocomplesso inoltre è il principale responsabile della tollerabilità di questi rimedi, che in genere è ottima.
I vantaggi derivanti dal fitocomplesso rispetto a un farmaco a molecola singola possono riassumersi nel seguente modo: migliore biodisponibilità, ridotta tossicità, multi-azione, sinergia.
La Fitoterapia può trovare una giusta collocazione scientifica solo se può disporre di estratti vegetali tecnicamente validi e il più possibile standardizzati.
La titolazione consente di valutare con precisione non solo la presenza, ma anche la quantità di uno o più componenti del fitocomplesso ritenuti più importanti ai fini terapeutici. Tale quantità non deve essere inferiore al livello minimo fissato dalla Farmacopea, altrimenti l’estratto non può avere un’adeguata efficacia terapeutica. La titolazione rende possibile la standardizzazione del prodotto, ai fini della riproducibilità dell’effetto.
L’Allegato 5 della Farmacopea pone dei limiti precisi alla presenza nelle piante medicinali delle seguenti sostanze contaminanti:
- carica batterica: il prodotto non deve essere contaminato da microrganismi particolarmente pericolosi, mentre di altri (considerati meno pericolosi) si tollera la presenza, ma entro un limite fissato (< 107 u.f.c./g per i batteri aerobi, 104 u.f.c./g per i lieviti e le muffe e assenza di Salmonella in 10 g per infuso o decotto, < 105 u.f.c./g per i batteri aerobi, 103 u.f.c./g per i lieviti e le muffe e assenza di Salmonella in 10 g per le altre preparazioni per uso interno);
- aflatossine: micotossine altamente dannose e ritenute tra le sostanze più cancerogene esistenti, la cui quantità non deve superare i limiti prestabiliti (< 5 p.p.b. [parts per billion] per l’aflatossina B1 e < 10 p.p.b. per le aflatossine totali);
- metalli pesanti: in particolare piombo (< 3 mg/kg), cadmio (< 0,5 mg/kg) e mercurio (< 0,3 mg/kg);
- radioattività: particolarmente rilevante per prodotti provenienti da zone potenzialmente a rischio (< 600 Becquerel/kg per il cesio 134 e il cesio 137);
- pesticidi: usati in agricoltura durante la coltivazione delle piante (ordinanza ministeriale n. 57 del 18 Luglio 1990, suppl. G.U. n. 202 del 30 agosto 1990 e successivi, eventuali aggiornamenti).
Il prodotto medicinale finale è definito dall’OMS “fitomedicina”: è provvisto di etichetta e contiene principi attivi esclusivamente da piante o da associazioni di piante allo stato grezzo sotto forma di preparati. Le fitomedicine comprendono:
- le tisane, le polveri normali o micronizzate o criofrantumate, le tinture, gli estratti interi o frazionati e fluidi o secchi, i succhi, le gomme, le frazioni lipidiche, gli oli essenziali, i macerati glicerinati e affini.
Dalla pianta per essiccamento si ottiene la droga che, risospesa nell’opportuno solvente, diventa estratto.
Analogamente a quanto avviene per i farmaci classici, anche in ambito fitomedicinale si distinguono diverse forme farmaceutiche mediante le quali il farmaco vegetale può essere assunto:
- preparazioni ottenute da lavorazione meccanica delle droghe vegetali essiccate in formato tisana oppure polvere (micronizzate e non micronizzate);
- forme ottenute per mezzo della macerazione della droga essiccata in un solvente appropriato (generalmente alcol e acqua in diversi rapporti percentuali), come per esempio gli estratti fluidi;
- preparati risultanti dalla macerazione di droghe vegetali, generalmente essiccate, in un apposito solvente, che viene fatto in seguito evaporare, in modo da ottenere un estratto via via più concentrato, fino a realizzare un estratto molle o secco;
- preparazioni derivate dalla macerazione della droga fresca (non essiccata) in un solvente opportuno (acqua e alcol o acqua e glicerina): tinture madri e macerati glicerinati;
- prodotti ottenuti distillando la miscela risultante dalla macerazione della droga fresca o essiccata in un apposito solvente; questo metodo viene soprattutto utilizzato per l’ottenimento degli oli essenziali.
- tutte le preparazioni presenti in commercio derivanti dai preparati precedentemente descritti, applicando le moderne tecnologie della tecnica farmaceutica: miscele di droghe vegetali triturate per la preparazione di infusi, decotti, tisane, compresse, tavolette o capsule; liquidi per la somministrazione in gocce o a cucchiai nel caso degli sciroppi; pomate per le applicazioni cutanee locali.
I fitoterapici in forma liquida (per esempio tinture e macerati glicerici), singoli o in associazione fra loro, vengono assunti solitamente diluiti in poca acqua e tenendoli in bocca alcuni secondi per garantire il massimo assorbimento attraverso la mucosa orale.
Per maggiore chiarezza si consiglia di leggere Fitoterapia: tisane, estratti, tinture madri . . . . .
Tratto da Scienza e Natura al servizio della Salute