Ictus meno grassi “Trans” più passeggiate

L'ictus colpisce persone sempre più giovani ma se riuscissimo ad osservare uno stile di vita più sano abbasseremmo del 30% l'incidenza di tale evento

Ictus meno grassi “Trans” più passeggiate   –   L’ictus colpisce persone sempre più giovani ma se riuscissimo ad osservare uno stile di vita più sano abbasseremmo del 30% l’incidenza di tale evento. Ciò è quanto emerge da una ricerca effettuata su pazienti dell’Ohio e del Kentucky, dei quali sono stati presi in esame i ricoveri tra il 1993 e il ’95, quelli del ’99 e quelli del 2005. Nel primo caso l’età media di insorgenza dell’ictus era di 71,3 anni, nel secondo era scesa a 70,9, mentre nel 2005 era 68,4 anni. Nello stesso periodo di tempo la percentuale di persone tra i 20 e i 45 anni andata incontro a un ictus è passata dal 4,5% del 1993 al 7,3% del 2005. Benché l’indagine sia stata realizzata su un campione geografico piuttosto ristretto, i ricercatori hanno osservato che il trend è analogo in tutta la nazione, vista l’alta prevalenza di fattori di rischio come obesità e diabete nel resto degli Stati Uniti. Le stesse osservazioni valgono anche per il nostro paese sono infatti sempre più numerosi   i pazienti con età inferiore ai 45 anni che vanno incontro a tale evento.

E’ piuttosto evidente del resto che esiste un’anticipazione dei fattori di rischio: si diventa ipertesi prima, complice anche lo stress, ed inoltre aumentano i casi di diabete e l’obesità giovanile. Ricordiamoci quindi che un corretto stile di vita: ovvero tenere sotto controllo la pressione, controllare il peso e svolgere regolarmente attività fisica sono le armi migliori per evitare tale fenomeno.

Cerchiamo ora di fare il punto su come comportarsi.

Uno studio pubblicato sulla rivista Stroke, realizzato dai ricercatori della Harvard School of Public Health a Boston ha preso in esame i dati raccolti su quasi 40 mila operatrici sanitarie statunitensi dell’età media di 54 anni, seguite per un periodo complessivo di 12 anni. Nell’arco di questo tempo 473 donne sono state colpite da un ictus ischemico, caratterizzato da un’interruzione del flusso sanguigno causata da un trombo, e 102 da un ictus emorragico, dovuto invece alla rottura di un vaso sanguigno cerebrale con una conseguente emorragia interna. Andando ad analizzare quanta attività fisica svolgevano le partecipanti, i ricercatori hanno visto che le donne più attive nel tempo libero avevano un rischio di ictus minore del 17% rispetto alle compagne più sedentarie. In particolare le donne che camminavano di frequente con passo svelto mostravano una frequenza inferiore del 37% per l’ictus ischemico e del 68% per l’ictus emorragico, mentre le coetanee che camminavano per due o più ore alla settimana mostravano una diminuzione del rischio di ictus ischemico pari al 30% e al 57% nel caso degli eventi emorragici.Ne consegue che camminare di passo veloce almeno due ore a settimana riduce del 30% il rischio di incorrere in un ictus.

Ricordiamoci che è ormai cosa nota che l’ attività fisica è da considerarsi tra le strategie preventive e terapeutiche che vengono messe in atto per contrastare la maggior parte delle malattie, consentendo di rallentare il naturale processo di invecchiamento è quindi a tutti gli effetti un farmaco. A tale proposito consigliamo l’approfondimento del Dott. M. Massarini. “ Attività fisica: un nuovo farmaco”.

Da un punto di vista pratico, secondo le indicazioni dell’American Heart Association per prevenire l’insorgenza di qualsiasi disturbo cardiovascolare gli adulti dovrebbero effettuare un’attività fisica moderata per almeno 150 minuti alla settimana, oppure un’attività vigorosa per 75 minuti alla settimana.

Ma non finisce qui perché un altro studio ha dimostrato che anche i grassi vegetali idrogenati hanno le loro colpe infatti è stato dimostrato monitorando per 8 anni un gruppo di 87000 donne dai 50 ai 79 anni che l’ assunzione quotidiana di notevoli quantità di tali grassi aumenta del 40 % il rischio di ictus e che sono sufficienti 7 gr die di grassi vegetali idrogenati per aumentare del 30% il rischio di ictus, ricordiamo che da una stima fatta in Italia il consumo medio giornaliero è di 1-6 gr e che secondo le linee guida la raccomandazione è  di non superare 1 gr die.

A tale proposito è doveroso aprire una parentesi sui rischi per la salute arrecati dai grassi vegetali idrogenati o trans-esterificati:  il loro processo di produzione, infatti, modifica le caratteristiche dei grassi in modo tale da rendere impossibile la formazione degli acidi grassi a catena lunga, fondamentali per la formazione dei neuroni e dei tessuti nervosi, e da produrre pesanti interferenze nei sistemi di regolazione dei valori di colesterolo da parte dell’organismo.

Usati a livello industriale soprattutto come ‘amalgamanti’ ed ‘emulsionanti’, i grassi vegetali (sia idrogenati che non-idrogenati) sono tra gli ingredienti più massicciamente presenti nei prodotti che troviamo sul mercato.

Una nota interessante occupandoci ormai da 20 anni di intolleranze alimentari (allergie alimentari ritardate) in più occasioni ci siamo chieste quali erano le intolleranze più frequenti, ebbene in un primo studio effettuato su 532 pazienti l’intolleranza per tali grassi appare con una frequenza del 68,89%; e in un secondo studio effettuato su 228 pazienti la frequenza è del 45,76%. Per fare diagnosi di intolleranza alimentare abbiamo utilizzato il TEST DRIA grazie al quale è possibile testare per la categoria dei grassi vegetali idrogenati e non MAIS, SOIA O LECITINA DI SOIA, OLIO DI SEMI, LEGUMINOSE, SOLFATO DI NICKEL. Facendo riferimento infine alla pratica clinica quotidiana spesso quando viene evidenziata la presenza di una intolleranza alimentare per uno dei suddetti grassi la risposta più frequente è: “ bene ….tanto non li mangio” Attenzione!!! La realtà è ben diversa . . . . . Riportiamo di seguito un riassunto della scheda (consegnata in caso di intolleranza alimentare) dei grassi vegetali idrogenati e non-idrogenati. Anche per i non intolleranti ovviamente la loro riduzione è da ritenere comunque utile alla salute, un ulteriore consiglio prima di acquistare qualunque prodotto impariamo a leggere le etichette!

 

Salvo qualche rara eccezione, vanno ritenuti presenti in questi gruppi di alimenti:

Margarine grassi vegetali idrogenati per definizione.

Prodotti in sacchetto: cracker, biscotti, fette biscottate, grissini (anche quando l’etichetta riporta ‘olio non idrogenato’ o ‘olio d’oliva’), patatine fritte, arachidi e noccioline tostate.

Pani speciali: come quelli conditi, all’olio, numerosi pani integrali, le fette da toast, le focacce, le fette biscottate, i crostini (anche quando si tratta di prodotti integrali o naturali).

Cioccolato,gelati,caramelle,alcune marmellate: dove i grassi sono presenti come stabilizzanti ed emulsionanti. Nel cioccolato è presente il burro di cacao, che è comunque un grasso vegetale trattato.

Pasticceria industriale: biscotti, brioche, merendine, torte, pasticcini, snack.

Frutta secca e Semi oleosi: mandorle, nocciole, pistacchi, pinoli, arachidi, noci, sesamo, cocco essiccato (si trova soprattutto grattugiato per uso dolciario), semi di lino, di zucca o di girasole, vanno tutti eliminati, o assunti sotto controllo se il medico lo consente espressamente: i processi di conservazione comportano infatti una possibile alterazione degli oli contenuti. La farina di ‘kokkoh’ contiene sesamo.

Dadi da brodo: anche quelli solo vegetali e condimenti alternativi a base di sesamo (gomasio, tahin).

Fritti e grassi cotti: la degenerazione degli oli indotta dal calore può provocare la formazione di acidi grassi ‘trans’, cioè di quella peculiare disposizione delle molecole che sembra maggiormente responsabile dei danni prodotti dai grassi vegetali idrogenati. Vietatissimo, ovviamente, tutto il fast food.

Qualche ulteriore curiosità ………………………… Grassi vegetali idrogenati e trans-esterificati

Quando le margarine vennero introdotte sul mercato (dopo il 1950), si sfruttò la loro derivazione vegetale (fatta a caldo e a pressione) per presentarne una immagine positiva e benefica, tanto che per anni i consumatori mondiali furono indotti a servirsi di queste sostanze con l’idea che combattessero il colesterolo.

In realtà i grassi vegetali idrogenati (così si definiscono gli oli trasformati in solidi) abbassano sì il colesterolo, ma solo quello buono (l’HDL) arrivando così ad aumentare sensibilmente il rischio cardiovascolare e la produzione di radicali liberi nell’organismo.

Benché questi dati siano ben noti fin dal 1985, solo dal 1995 ha cominciato a destarsi qualche preoccupazione nel mondo scientifico sulla gestione dei grassi vegetali.

In natura, gli oli sono tutti in una forma chimica definita ‘cis’. Con l’idrogenazione (o la trans-esterificazione), le molecole si trasformano in ‘trans’. L’idrogenazione totale trasforma il grasso in una specie di sostanza morta e inutile, utilizzabile per fritture a temperature altissime.

Per chi ha problemi di colesterolo, vale la pena di segnalare che, rispetto a una bistecca di tanto in tanto, è molto più pericolosa e subdola l’assunzione continuativa di grassi vegetali idrogenati, che interferiscono nei sistemi di regolazione dei valori di colesterolo da parte dell’organismo.

Una certa attenzione nella scelta dei grassi alimentari è comunque consigliabile, innanzi tutto perché è risaputo che la frode commerciale nel campo degli oli è tra le più diffuse e che è molto più facile alterare un prodotto come la margarina che un olio crudo.

Come evitare quindi tali grassi ? E’ molto semplice cerchiamo di mangiare cibi freschi e per quanto riguarda la merenda dei nostri figli prediligiamo ad esempio una torta fatta in casa, un panino (meglio ancora se integrale) con marmellata o prosciutto e utilizziamo biscotti e merendine solo saltuariamente.

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