In una dieta, quanto conta la consistenza del cibo e la differenza di sesso?

Da una ricerca pubblicata su PLOSone condotto su 50 persone sane e normopeso, da ricercatori dell'Università di Wageningen, in Olanda,è emerso che la consistenza del cibo può influenzare la quantità di calorie assunte...

Da una ricerca pubblicata su PLOSone condotto su 50 persone sane e normopeso, da ricercatori dell’Università di Wageningen, in Olanda, e del centro di ricerca Nestlè, è emerso che la consistenza del cibo può influenzare la quantità di calorie assunte.
Ai partecipanti allo studio è stato proposto, a giorni alterni, un pranzo con gli stessi alimenti (riso e verdure più hamburger) che si differenziavano solo per la loro consistenza. In un caso (cibi “duri”) si trattava di insalata di riso con verdure crude e hamburger con pane croccante; nell’altro (cibi morbidi) risotto alle verdure e hamburger con pane soffice. A cena invece potevano assumere il cibo che volevano e nella quantità desiderata.
L’introito calorico del pranzo con i cibi più solidi è risultato del 13% inferiore rispetto a quello del pranzo con cibi morbidi, mentre il senso di pienezza è risultato uguale, tuttavia la riduzione delle calorie osservata con il pasto di cibi più consistenti non è stata compensata a cena: considerando pranzo e cena insieme, con i cibi più “croccanti” i partecipanti alla ricerca hanno introdotto nell’intera giornata il 9 per cento di calorie in meno.
Anche se questi risultati devono essere confermati in studi di più lunga durata, i ricercatori suggeriscono che i cibi caratterizzati da una elevata consistenza possano aiutare a ridurre gli apporti energetici per il loro maggiore effetto saziante.
Questo fa pensare che la consistenza dei cibi non è un elemento da sottovalutare per un regime nutrizionale corretto o anche finalizzato alla perdita di peso, visto che l’assunzione di cibi morbidi può rendere meno efficaci i meccanismi di controllo dell’appetito.
Il tempo di permanenza del cibo nel cavo orale e di masticazione sono infatti fattori capaci di influenzare le sensazioni legate al consumo. Negli ultimi anni, in risposta alle preferenze del consumatore, è aumentata la disponibilità di prodotti ottenuti attraverso processi o modalità di cottura che incidono sulla struttura e consistenza, e che associati spesso alla loro elevata gradevolezza al palato, possono stimolare il sovraconsumo. Per ridurre questo rischio, una delle sfide nella ricerca in campo alimentare è proprio quella di sviluppare prodotti che, anche grazie alla giusta consistenza, abbiano migliori proprietà sazianti. 
Un altro fattore di cui tenere conto nella prescrizione di programmi nutrizionali finalizzati alla perdita di peso è il sesso del paziente, uomini e donne hanno esigenze diverse e un modo diverso di approcciare le indicazioni dietetiche. Uno studio pubblicato sull’International Journal of Behavioral Nutrition and Physical Activity ha evidenziato che le donne hanno una compliance migliore con diete con più opzioni di scelta, mentre gli uomini preferiscono un unico regime alimentare.
Nello studio, ricercatori del Baker IDI Heart and Diabetes Institute di Melbourne (Australia), hanno diviso 144 uomini e donne (età 40-75 anni, sovrappeso o obesi, con diabete o prediabete), in due gruppi. Il primo doveva seguire, senza possibilità di cambiare, una dieta ipocalorica con un elevato apporto di proteine, pochi grassi e moderato contenuto di carboidrati (la dieta chiamata «CSIRO», nota in Australia). I componenti dell’altro gruppo, invece, potevano scegliere fra la dieta CSIRO, la dieta mediterranea (con più carboidrati e grassi e meno proteine) e la dieta «South Beach» (pochi carboidrati, tante proteine e grassi, senza limitazioni caloriche) e avevano la possibilità di passare da una dieta all’altra . Dopo 6 mesi, gli uomini del gruppo «senza scelta» hanno perso in media 6,2 kg, contro i 2,9 kg degli uomini dell’altro gruppo; le donne del gruppo «senza scelta» hanno perso, invece, 2 kg, contro i 3,1 Kg di quelle che avevano avuto la possibilità di scegliere.
Questa differenza può essere imputata ad un diverso modo di rapportarsi al cibo di uomini e donne, i primi vogliono direttive chiare e senza opzioni, forse perché sono meno abituati delle donne a decidere riguardo ai cibi e ne conoscono meno le caratteristiche. Le donne sentono la necessità di adattare la dieta anche all’alimentazione del resto della famiglia, per evitare di dover preparare piatti diversi per sé, preferiscono una dieta che si basi più sulla gestione delle porzioni che su scelte restrittive. L’uomo, invece, preferisce indicazioni chiare, e, una volta che ha preso la decisione di perdere peso, è più determinato. 
Inoltre, poiché a parità di occupazione professionale l’uomo ha generalmente più tempo libero della donna (spesso più impegnata nell’organizzazione della famiglia), si dedica di più all’esercizio fisico e spesso può contare sul supporto della partner più di quanto non avvenga per la donna. Non dimentichiamo poi che l’uomo parte avvantaggiato sia perché ha più massa magra, quella che consuma di più, sia perché il grasso addominale, tipico dell’uomo e il più pericoloso, si perde prima rispetto a quello di cosce e fianchi caratteristico della donna, almeno fino alla menopausa.

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