Intolleranza al Lattosio

L’intolleranza al lattosio colpisce all’incirca il 40% della popolazione del Mediterraneo ed è più comune in Italia, dove in alcune regioni del Sud raggiunge picchi del 70%; una percentuale elevata ma che, risulta sotto diagnosticato a causa del lungo periodo di tempo che intercorre tra comparsa dei sintomi ed esecuzione degli esami clinici.

Intolleranza al Lattosio

Il malassorbimento di lattosio non necessariamente significa intolleranza al lattosio; infatti, i sintomi gastrointestinali riconducibili a questo disturbo si verificano soltanto in un terzo dei “malassorbenti”.
In caso di manifestazioni sistemiche, è importante escludere l’allergia alle proteine del latte.
L’approccio terapeutico è basato sulla dieta di esclusione che dovrebbe essere supervisionata da un nutrizionista esperto che possa cucire su misura la dieta in base alle necessità del paziente, limitando il rischio di malnutrizione.
L’uso di ceppi di probiotici specifici, in grado di esercitare una attività enzimatica beta-galattosidasica, è stato proposto come terapia coadiuvante nei sintomi legati all’intolleranza al lattosio.
L’intolleranza al lattosio è la forma più frequente di intolleranza ai carboidrati. L’intolleranza al lattosio è una manifestazione clinica conosciuta fin dai tempi di Ippocrate (460 a.c.), infatti si riportano casi di persone con disturbi gastrointestinali dopo aver ingerito del latte; tuttavia, solo negli ultimi 50 anni l’intolleranza al lattosio è stata riconosciuta e valutata da un punto di vista scientifico.

L’intolleranza al lattosio

L’intolleranza al lattosio è definita come una reazione avversa al lattosio dovuta a una ridotta produzione di lattasi, l’enzima che favorisce la digestione del lattosio e il suo assorbimento intestinale.
Il lattosio è il principale zucchero del latte e ne costituisce il 2-8% circa del peso.

Il lattosio è un disaccaride composto da una molecola di glucosio e una di galattosio: il primo rappresenta la forma di energia più utilizzata dall’organismo, mentre il galattosio è importante per la costituzione di glicolipidi e glicoproteine. Una volta introdotto con la dieta, il lattosio raggiunge l’intestino tenue dove viene a contatto con l’enzima lattasi, una beta-galattosidasi presente sulla sommità delle cellule dei villi dell’intestino tenue (gli enterociti). La lattasi ha un ruolo essenziale nel processo di digestione, perché rompe la molecola di lattosio in galattosio e glucosio che, una volta liberi, possono essere assorbiti dall’intestino.
Geneticamente, la produzione di lattasi è regolata da un gene regolatore presente sul cromosoma 2 (2q21). Tale gene è molto attivo alla nascita e durante il primo anno di vita, per poi ridurre progressivamente la sua attività con l’inizio dello svezzamento, quando cioè vengono introdotti alimenti di altra natura rispetto al latte. La condizione “normale”, quindi, è la non persistenza di lattasi, o ipolattasia, che segue l’evolversi delle necessità nutrizionali nel corso della vita. Nell’uomo, tuttavia, circa il 30% della popolazione continua ad avere una lattasi attiva anche in età adulta (persistenza di lattasi), che garantisce una tolleranza al latte e agli alimenti contenenti lattosio.
La persistenza o non persistenza di lattasi nella popolazione caucasica è determinata dal polimorfismo puntiforme 13910 C/T del gene regolatore della lattasi, dove il genotipo CC è correlato all’ipolattasia, mentre i genotipi TT o TC esprimono un fenotipo clinico normale, cioè lattosio-tollerante.
In caso di deficit di lattasi, il lattosio non può essere digerito, né tanto meno assorbito, a livello dell’intestino tenue, quindi, si accumula nel lume intestinale e per effetto osmotico richiama acqua, provocando la diluizione delle feci e un aumento del loro volume. Dall’altro lato, il lattosio non digerito viene attaccato dai batteri della flora intestinale e da altri microrganismi ivi residenti che danno il via a processi di fermentazione dello zucchero, produzione di acidi grassi e sostanze gassose (anidride carbolica, metano, idrogeno) a loro volta responsabili dei diversi sintomi gastrointestinali associati all’intolleranza al lattosio.
Riassumendo: La lattasi compare già alla ottava settimana di gestazione e la sua attività aumenta nel corso della gestazione fino alla 34a settimana e raggiunge il picco massimo alla nascita, mantenendolo per tutto il periodo in cui l’allattamento costituisce il nutrimento esclusivo del bambino; dopo lo svezzamento, la produzione di lattasi inizia a decrescere con una riduzione progressiva geneticamente programmata, ma estremamente variabile da individuo a individuo, in età adulta. Nell’uomo, una considerevole parte della popolazione mantiene l’attività della lattasi per tutta l’età adulta, mentre in altri mammiferi tale attività è inusuale.

Le tre forme di intolleranza al lattosio

Approssimativamente, il 75% della popolazione mondiale perde ad un certo punto della vita l’abilità di digerire il lattosio, mentre altri possono digerire lattosio anche in età adulta.
In base al meccanismo di origine, l’intolleranza al lattosio può essere classificata in tre forme principali: congenita, secondaria e dell’adulto.
La forma congenita, o deficit congenito di lattasi, è una forma molto rara di intolleranza al lattosio in cui l’enzima è assente o molto ridotto dalla nascita. Questa forma, che persiste per tutta la vita del soggetto, si sviluppa a causa della mutazione autosomica recessiva, spesso puntiforme, a carico del gene dell’enzima lattasi e i sintomi compaiono sin dal primo contatto del neonato con il latte materno o artificiale.
La forma acquisita, o deficit secondario di lattasi, identifica una condizione transitoria dovuta a malattie infiammatorie dell’intestino, che possono insorgere in qualsiasi momento della vita e che incidono negativamente sulla produzione di lattasi. Tra queste patologie sono da considerare, ad esempio, le malattie infiammatorie dell’intestino, la celiachia non trattata o alcuni trattamenti farmacologici specifici, come la chemioterapia.
Condizioni cliniche associate all’intolleranza al Lattosio (Forma secondaria): Grave malnutrizione, Celiachia, Enterite actinica, Malattie infiammatorie intestinali (morbo di Crohn, colite ulcerosa), Enterite batterica o virale (rotavirus), malattie parassitarie (giardiasi, criptosporidiosi), Alcuni trattamenti farmacologici (kanamicina, neomicina, polimicina, tetracicline, colchicine e altri chemioterapici), Condizioni post-chirurgiche, come la sindrome dell’ansia stagnante o dell’intestino corto.

La forma adulta, o deficit di lattasi primario mostra invece una riduzione dell’attività dell’enzima lattasi già a partire dal primo anno di vita. Nel 70% della popolazione, la produzione di lattasi si riduce progressivamente in parallelo alla riduzione dell’alimento latte nella dieta, fino a raggiungere una soglia critica dal secondo al quinto anno di età, sebbene l’espressione possa variare a seconda dell’etnia di provenienza.

Sintomi e diagnosi differenziale

In generale, i sintomi di una vera intolleranza al lattosio iniziano a manifestarsi dopo 30 minuti – 2 ore dall’ingestione di latte o derivati del latte. Questi sintomi possono andare avanti per ore o addirittura giorni, in caso di intolleranza più acuta. Spesso, anche se il deficit enzimatico è già presente, i sintomi restano nascosti per anni e si manifestano all’improvviso nell’età adulta.
Il quadro clinico di una intolleranza alimentare comprende sia sintomi classici che atipici:

  • Sintomi classici: nausea, senso di gonfiore, crampi, meteorismo e disturbi intestinali.
  • Sintomi atipici: stanchezza, cefalea, vertigini, problemi di memoria e concentrazione, rash cutaneo e aftosi.

I sintomi atipici possono presentarsi in meno del 20% dei soggetti, forse dovuti alla produzione di metaboliti tossici della fermentazione batterica che altera il meccanismo di segnale cellulare. La comparsa e l’intensità dei sintomi possono essere influenzate da diversi fattori, di cui i principali includono:

  • Il grado di funzionamento dell’enzima. Dal punto di vista funzionale, la presenza del 50% della normale attività della lattasi è sufficiente a garantire un’adeguata digestione del lattosio
  • La dose/quantità di latte o derivati del latte ingerito. Dosi di lattosio di 15-18 grammi sono ben tollerate quando off erte insieme ad altri alimenti. L’intolleranza diventa progressivamente più frequente a dosi superiori di 18 grammi, e quantità superiori ai 50 grammi scatenano la sintomatologia nella maggior parte dei soggetti
  • Il tempo di svuotamento gastrico. Questo fattore è legato al tipo di alimento ingerito insieme al latte o
  • ai suoi derivati. Se il lattosio viene ingerito con carboidrati semplici che aumentano lo svuotamento gastrico, i sintomi saranno più intensi;
  • La distribuzione e attività della flora batterica intestinale, che influisce sull’attività digestiva.

I sintomi di una intolleranza al lattosio non sono specifici e possono venire confusi con i sintomi di altri disturbi non legati ad una reazione avversa all’alimento.
N.B. Nell’allergia alle proteine del latte, il quadro clinico simile ha un esordio più rapido e si verifica anche con l’assunzione di piccole dosi di lattosio.

Strategie per combattere i sintomi dell’Intolleranza al Lattosio

  • Controllare le etichette e ingredienti sulle confezioni degli alimenti. In accordo con le normative europee per le etichette alimentari, la presenza di latte o dei suoi derivati, incluso il lattosio, devono essere riportati sull’etichetta o nella lista degli ingredienti per i prodotti freschi
  • I prodotti che contengono acido lattico, lactalbumina, lattato e caseina non contengono lattosio e possono quindi essere assunti anche da chi è intollerante al lattosio
  • Il consumo di latte insieme ad alimenti ad alto contenuto di grassi riduce lo svuotamento gastrico e attenua la comparsa di sintomi legati all’intolleranza al lattosio
  • Si può rieducare l’intestino distribuendo la quantità di latte assunto nell’arco della giornata o aumentandone gradualmente le quantità
  • Si può aiutare la digestione del lattosio introducendo nell’organismo dei probiotici, sotto forma di alimenti (latte e yogurt ricchi di fermenti lattici) o di integratori alimentari di tipo enzimatico.

Il Breath Test per l’intolleranza al lattosio

Il breath test al lattosio rappresenta un test indiretto per il malassorbimento del lattosio considerato l’approccio più realistico, non invasivo ed economico.
Originariamente, la diagnosi di ipolattasia negli adulti si basava sulla misurazione della glicemia 30 minuti dopo aver assunto 50 gr di lattosio; se il lattosio veniva digerito, e quindi assorbito, si poteva osservare un aumento dell’indice glicemico oltre 20 mg/100 ml.
Oggi il “gold standard” per confermare una diagnosi di intolleranza al lattosio è il Breath test al lattosio, un esame in grado di rilevare la quantità di idrogeno espirato quale indice di un malassorbimento di lattosio.
Questo test è affidabile, non invasivo, con una buona sensibilità (valore medio 77,5%) ed una eccellente specificità (valore medio del 97,6%).
Come si effettua il Breath Test al Lattosio? L’esame richiede una preparazione del paziente al fine di minimizzare i falsi positivi. Per ridurre la produzione basale di idrogeno gassoso, ai pazienti viene chiesto di limitare il consumo di carboidrati la sera prima del test e di presentarsi a digiuno da almeno 12 ore dalla sua esecuzione. Mezz’ora prima del test e durante la sua esecuzione è vietato fumare o fare esercizio fisico. Anche l’uso di antibiotici, fermenti lattici e lassativi possono influenzare il risultato finale del test.

Al momento del test, i pazienti effettuano un lavaggio orale con 20 ml di clorexidina 0,05%. Prima della somministrazione di lattosio viene prelevato un campione di aria espirata dal paziente. Successivamente, viene somministrata al paziente una soluzione galenica di lattosio in quantità di 1 mg/kg nei bambini e 25 gr negli adulti. Immediatamente dopo l’assunzione di lattosio e ad intervalli di 30 minuti per 4 ore viene ripetuto il prelievo di aria espirata e raccolta in un sistema a due sacche. I campioni vengono analizzati con un gas-cromatografo a sensore solido per identificare la concentrazione di idrogeno gassoso presente, espressa in parti per milione (p.p.m.).
Il test è positivo e indica una diagnosi di intolleranza al lattosio quando la concentrazione di idrogeno gassoso supera le 20 parti per milione rispetto al valore registrato al basale. L’uso della soluzione galenica al posto del latte alimento è necessario per standardizzare il test in accordo con le linee guida.3 Il Breath test per il lattosio può dare falsi risultati. Si possono verificare, infatti, falsi negativi dovuti all’incapacità della flora intestinale di produrre idrogeno gassoso dopo assunzione di carboidrati non assorbibili, o a seguito di un uso recente di farmaci antibiotici. I falsi positivi, invece, sono meno frequenti e principalmente dovuti ad una crescita batterica eccessiva a livello dell’intestino tenue o ad una composizione anomala della microflora orale.

Comportamento del paziente con intolleranza al lattosio

La gestione dell’intolleranza al lattosio consiste in due approcci clinici non mutualmente esclusivi: la dieta di esclusione e la terapia farmacologica.
In caso di conferma di intolleranza al lattosio a seguito di positività al Breath test al lattosio, l’approccio tradizionale è l’esclusione di latte e derivati del latte dalla dieta, o la sua riduzione fi no a concentrazioni tollerate dall’organismo.
Nell’adulto con intolleranza al lattosio primaria, latte e derivati vengono eliminati per 2-4 settimane, periodo necessario per la remissione dei sintomi. Successivamente, si raccomanda la reintroduzione progressiva nella dieta di alimenti a basso contenuto di lattosio fi no alla soglia di tolleranza individuale.
Molti pazienti con intolleranza al lattosio possono tollerare 5 gr di lattosio per singola dose, con un aumento nella soglia di tolleranza se il lattosio viene assunto insieme ad un altro alimento.
In caso di intolleranza al lattosio secondaria, associata a disturbi intestinali di diversa origine, la dieta restrittiva è necessaria solo per un tempo limitato alla scomparsa dei sintomi.
La dieta di esclusione dovrebbe essere indicata solo per i pazienti con manifestazioni gastrointestinali di intolleranza (diarrea, gonfi ore, dolore addominale e meteorismo), per i “veri intolleranti” e non per chi ha un malassorbimento asintomatico di lattosio.
L’esclusione di latte e derivati del latte dalla dieta, infatti, porta alla riduzione dell’apporto di altre importanti sostanze quali calcio, fosforo e vitamine che potrebbero incidere sulla densità minerale ossea. Le raccomandazioni attuali per l’apporto di calcio sono 700 mg/die per i bambini di età 4-9 anni e 1300 mg/die sopra i 10 anni, secondo le linee giuda EFSA.
Per i soggetti con intolleranza al lattosio e a rischio di scarso apporto di calcio si raccomanda l’assunzione di alimenti arricchiti di calcio quale supplementazione della dieta.
Attenzione ai “prodotti senza Lattosio”
In pazienti con diagnosi di intolleranza al lattosio, e consigliato reintrodurre alimenti caseari delattosati, con lattosio in forma idrolizzata e, quindi, già digerita. Rispetto al latte vaccino, che contiene 4,8 g/100ml di lattosio, il latte delattosato presenta quantità di lattosio inferiori e comprese tra 0,01-0,5 g/ml.3 Purtroppo, però, non è sempre così. In molti paesi europei ed extraeuropei, infatti, mancano normative legali sulla commercializzazione dei prodotti delattosati e, di conseguenza, non è riconosciuto un valore limite per stabilire se un prodotto può essere etichettato “senza lattosio”.

Di conseguenza, in commercio si trovano numerosi prodotti lattiero-caseari che dichiarano l’assenza o la riduzione di lattosio, nonostante permanga una quantità piccola (generalmente <0,01% o <0,1% e <0,5% rispettivamente) ma comunque sufficiente a causare sintomi in una parte dei pazienti con intolleranza al lattosio.
Ma il lattosio nel latte e nei derivati del latte non è l’unico problema da considerare nella dieta di un paziente con intolleranza al lattosio. Il lattosio è ampiamente utilizzato come additivo alimentare nelle carni, verdure congelate, cibi pronti, dolci e torte. Questo utilizzo del lattosio, in forma nascosta, rende ancora più difficile per i pazienti la convivenza quotidiana con questo tipo di intolleranza.

Intolleranza al lattosio e dieta

CIBI DA LIMITARE

  • Tutti i tipi di latte: intero, parzialmente scremato, scremato, in polvere, condensato, concentrato, di capra, acidofilo e al cioccolato;
  • Burro, fi occhi di latte, gelato, salse/creme a base di formaggio, formaggi molli (ricotta, brie), mozzarella, panna montata, yogurt;
  • Pane al latte, patate in crema o al gratin;
  • Muffin, biscotti, waffl e, pancake, basi per torte, cioccolato al latte, prodotti di pasticceria e dessert che contengono gli ingredienti sopra citati;
  • Tutti i prodotti in cui è dichiarata l’aggiunta di lattosio negli ingredienti.

CIBI PERMESSI

  • Latte delattosato;
  • Bevande vegetali (latte di soia, avena, mandorla, riso, orzo, cocco, arachidi, canapa, farro, miglio, kamut, noci, nocciole e quinoa);
  • Latticini delattosati, formaggi duri (Parmigiano Reggiano, Pecorino, Grana Padano, fontina, taleggio, provolone, formaggio svizzero);
  • Tutta la frutta; la verdura;
  • Tutti i legumi; i cereali;
  • Tutta la carne, pesce e uova;
  • Tutti i grassi vegetali.

Il supporto enzimatico e probiotico
Oltre alla dieta a basso contenuto di lattosio, sono stati valutati altri approcci per ridurre i sintomi nei pazienti con intolleranza al lattosio che comprendono l’assunzione di integratori enzimatici e probiotici.
Si può somministrare lattasi in forma di integratore enzimatico, ma la sua efficacia è di breve durata e l’integratore deve essere assunto circa 30 minuti prima del consumo di un pasto contenente lattosio. La somministrazione di beta-galattosidasi esogena nei soggetti con malassorbimento del lattosio, anche quando associata all’ora del pasto, è efficace e priva di effetti collaterali. L’assunzione di beta-galattosidasi orale (1500U/die) ha mostrato un miglioramento dei sintomi gastrointestinali e una riduzione dell’idrogeno gassoso al Breath test. Tuttavia, l’efficacia di questo enzima esogeno di origine microbica è ancora in studio.
Recentemente, per trattare i pazienti con intolleranza al lattosio si è dimostrata utile la somministrazione di probiotici specifici con attività beta-galattosidasica, che anziché fermentare il lattosio determinano la sua idrolisi nei monosaccardi glucosio e galattosio, che possono così essere assorbiti a livello intestinale. I probiotici sono microrganismi vivi che possono essere aggiunti a prodotti alimentari, come latte e yogurt, o usati in forma di integratori. Lactobacilli, bifidobatteri, stafilococchi, enterococchi e streptococchi, grazie a tale attività, vengono definiti “batteri lattici”. Questi probiotici rappresentano pertanto un’interessante opzione terapeutica per l’intolleranza al lattosio per il loro facile utilizzo e la loro efficacia duratura anche dopo aver sospeso il trattamento. La specie-specificità, il dosaggio standard e la variabilità dell’attività betagalattosidasica di questi prodotti sono, tuttavia, alcune variabili che possono influenzare negativamente l’efficacia clinica dei probiotici nel trattamento dell’intolleranza al lattosio.

Tratto da: Scienza e natura al servizio della salute