Intolleranze Alimentari, intestino e aumento di peso
Come sappiamo l'obesità è una malattia multifattoriale, ha cause genetiche e ambientali, e sicuramente cattive abitudini alimentari insieme ad un errato stile di vita ne sono i principali responsabili; ma un recente studio evidenzia anche un forte legame tra le caratteristiche della flora batterica intestinale e l'insorgere di questa patologia.

Intolleranze alimentari, intestino, aumento di peso
La crescente diffusione dell’obesità giustifica la quantità sempre crescente di studi che si occupano delle sue cause.
Come sappiamo l’obesità è una malattia multifattoriale, ha cause genetiche e ambientali, e sicuramente cattive abitudini alimentari insieme ad un errato stile di vita ne sono i principali responsabili; ma un recente studio evidenzia anche un forte legame tra le caratteristiche della flora batterica intestinale e l’insorgere di questa patologia.
Ricordiamo che l’obesità ha un’importante componente infiammatoria ed è associata a molte malattie croniche come il diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e coronariche, e alcune forme tumorali.
Gli studi condotti dall’equipe di Jeffrey Gordon della Washington University School of Medicine di St Louis, entrambi pubblicati sulla rivista Nature, affermano l’esistenza di un legame tra le caratteristiche della flora batterica intestinale e una predisposizione all’obesità.
Nell’apparato digerente si trovano milioni di microrganismi, in particolare nell’intestino troviamo due specie i batteroidi e firmicuti, che vivono in simbiosi con l’ospite, si cibano di ciò che non riusciamo a digerire e cedono sostanze nutritive più semplici ed assorbibili, acidi grassi a corta catena e vitamine.
Dall’analisi della flora batterica di topi di laboratorio, obesi e magri, è stata riscontrata una sostanziale differenza, nei topolini obesi predominavano i batteri firmicuti, e in seguito a perdita di peso il rapporto torna a valori favorevoli ai batteroidi.
I ricercatori hanno effettuato una seconda prova trasferendo dei microrganismi dai topolini obesi a quelli magri, registrando nei soggetti magri un aumento di peso senza variazioni alla dieta.
Lo studio sembra confermare l’ipotesi secondo cui la flora batterica può esercitare un’influenza rilevante sulla capacità di assimilare il cibo, a parità di dieta, e quindi influire sul peso corporeo.
Già dal 2004 i ricercatori ritenevano che la flora intestinale, che conta circa 3 miliardi di batteri, avesse un ruolo nel controllo del peso. I dati ora pubblicati su Nature mostrano che le popolazioni microbiche di 12 soggetti obesi presentano lo stesso tipo di batteri delle persone normopeso, ma in proporzione differente. Gli obesi possiedono infatti il 20% in più di batteri Firmicuti e quasi il 90% in meno di Batteroidi. Sottoposti a una dieta a basso tenore di grassi e carboidrati per un anno, gli individui grassi non solo hanno ridotto del 25% il loro peso, ma mostravano valori quasi normali di Batteroidi e Firmicuti.
Un altro studio condotto dal professor Kieran M.Thuoy, ha evidenziato uno stretto legame tra flora batterica intestinale, obesità e infiammazione.
Attraverso lo studio di animali geneticamente modificati o sottoposti a particolari regimi dietetici sono giunti alla conclusione che nei mammiferi la flora batterica intestinale, che produce energia dal cibo che sfugge la digestione nell’intestino superiore, appare alterata nella composizione e nell’attività in soggetti obesi se comparati a individui magri.
Nei casi di obesità questa flora batterica sembra mediare anche particolari meccanismi capaci di causare la caratteristica infiammazione sistemica e l’insulino-resistenza.
Sulla base di questi dati sembra possibile utilizzare i prebiotici per ridurre l’impatto di questi meccanismi patologici.
Soltanto una flora batterica intestinale sana può garantire un buono stato di salute e il buon funzionamento del nostro sistema immunitario.
E’ proprio da questo legame con il sistema immunitario che nasce la relazione tra benessere intestinale e intolleranze alimentari.
Se ci fermiamo a riflettere sulla quantità di cibo e soprattutto alla frequenza con cui ingeriamo particolari cibi, per comodità o preferenza, numerose sono le occasioni di incorrere in una possibile ipersensibilizzazione e quindi in una risposta anomala da parte del nostro organismo che coinvolge il sistema immunitario.
Come abbiamo ripetutamente sostenuto da alcuni anni, le intolleranze alimentari e in generale le connessioni tra cibo e infiammazione sono ormai una realtà scientifica inconfutabile, avvalorata da lavori di rilievo pubblicati su autorevoli riviste internazionali; in particolare ricordiamo: Sampson H. Update on Food Allergy. J Allergy Clin Immunol 2004 May;113(5):805-19; quiz 820, articolo che anticipa l’esistenza delle allergie alimentari ritardate, fenomeni immunologici legati alla ripetizione per più giorni consecutivi dello stimolo allergenico sulle cellule intestinali; le intolleranze alimentari quindi potrebbero essere definite allergie alimentari ritardate, diversamente dalle allergie immediate, modulate dalle IgE.
Ricordiamo che il benessere intestinale è dovuto a un equilibrio simbiotico tra l’organismo e la flora batterica intestinale, di contro la rottura di tale equilibrio dà luogo a Disbiosi.
L’alterazione della flora batterica dell’intestino comporta la produzione di bacilli dannosi, si produce un eccesso di ammoniaca e nitrosamine, sostanze tossiche per il nostro organismo che possono danneggiare non solo l’intestino ma anche altri organi come per esempio il fegato, lo stomaco e possono influire anche sul sistema neurovegetativo.
Numerosi sono anche gli articoli nella letteratura scientifica che mettono in evidenza la correlazione fra infiammazione e aumento di peso.
Come abbiamo detto all’inizio l’obesità è oramai considerata da molti anni una malattia infiammatoria, così come le patologie metaboliche ad essa associate (diabete mellito tipo 2 e Sindrome metabolica) sono caratterizzate da una risposta infiammatoria cronica di basso grado caratterizzata da una alterata produzione di citochine, aumento delle proteine della fase acuta e modesto aumento della proteina c-reattiva (PCR). L’alterata produzione di citochine provoca uno stato infiammatorio cronico, caratteristico del soggetto obeso, sostenuto a distanza dal tessuto adiposo.
La presenza delle intolleranze alimentari provoca un aumento dello stato infiammatorio coinvolto nei meccanismi che portano ad un più facile sviluppo della resistenza insulinica, patologia comune nei soggetti obesi, controllare le proprie intolleranze può quindi aiutare a riequilibrare le flora intestinale e recuperare così il proprio “peso ragionevole”, favorendo la perdita di peso e la diminuzione dello stato infiammatorio.