La cannella ci aiuta a controllare la glicemia
La cannela potrebbe aiutare a ridurre la glicemia nei diabetici di tipo 2, ricordando però che i dolci vanno consumati in modo controllato. La scoperta è stata del tutto casuale durante uno studio sulla correlazione tra il consumo di dolci, tra cui una torta di mele alla cannella, e l'aumento delle glicemia nelle persone diabetiche.

La cannella ci aiuta a controllare la glicemia
Alcuni ricercatori del Department of Human Nutrition di Peshawar in Pakistan e Human Nutrition Research di Beltsville del Maryland negli USA sostengono che consumare dolci aromatizzati alla cannela potrebbe aiutare a ridurre la glicemia nei diabetici di tipo 2, ricordando però che i dolci vanno consumati in modo controllato. La scoperta è stata del tutto casuale durante uno studio sulla correlazione tra il consumo di dolci, tra cui una torta di mele alla cannella, e l’aumento delle glicemia nelle persone diabetiche.
Lo studio sulle proprietà ipoglicemizzanti e sulla effettiva capacità di diminuire anche colesterolo totale, LDL e trigliceridi della cannella è apparso per la prima volta sulla rivista Diabets Care (dicembre 2003), i gruppi che avevano assunto 3/6 grammi di cannella al dì, dopo 40 giorni avevano mostrato una interessante diminuzione dei valori di glicemia, trigliceridi, colesterolo LDL e totale, e i ricercatori videro confermata l’ipotesi della effettiva efficacia della cannella nella riduzione della glicemia e di conseguenza dei disturbi cardiovascolari nei diabetici di tipo 2.
Questa importante proprietà è òegata alla presenza nella cannella di un polifenolo chiamato MHCP, che simulando l’azione dell’insulina, ne attiva i recettori.
Esistono due tipi di cannella quella di Ceylon (Cinnamomum zeylanicum) e quella della Cina (Cinnamomum cassia) sono due alberi sempre verdi appartenenti alla famiglia delle Lauracee, la prima nativa dello Sri-Lanka, è coltivata in diverse parti del mondo; quella della Cina è presente in Indonesia, Laos e Vietnam.
Ciò che accomuna le due piante è un olio essenziale che contiene aldeide cinnamico, contenuto in maggiore quantità nella cannella della Cina; mentre quella di Ceylon si differenzia per il contenuto di un componente chiamato eugenolo, presente solo in tracce nell’olio essenziale della cannella cinese.
Nell’utilizzo terapeutico si adopera la corteccia della pianta, conosciuta per le proprietà digestive, antispasmodiche, carminative, antidiarroiche, antibatteriche, antinfungine, e recentemente altri studi hanno evidenziato la sua azione antiossidante, antipiretica e l’effetto inibente della crescita dell’Helicobacter pilori, nonché per il controllo di glicemia e lipidi nel sangue.
Visto l’avvicinarsi delle feste e la montagna di dolci che ci aspetta, proviamo a privilegiare quelli profumati con questa particolare e preziosa spezia, così per una volta mangeremo qualcosa che non è solo buono ma anche salutare.
La cannella sicuramente può aiutarci a controllare la glicemia, ma c’è un altro strumento molto importante che possiamo utilizzare ed è l’ indice glicemico (IG) degli alimenti, che ci consente di preparare pietanze equilibrate e mantenere la glicemia sotto controllo.
Servirsi di questa conoscenza significa, per la maggior parte delle persone, dotarsi di uno strumento in più per adottare abitudini alimentari più corrette e, per alcuni, ottenere un dimagrimento più stabile e duraturo.
L’indice glicemico (IG) è un numero, compreso tra 0 e 100, che indica come aumenta il livello di zucchero nel sangue (glicemia) dopo aver mangiato un determinato alimento in confronto a quanto si alzerebbe lo stesso valore dopo avere ingerito una uguale quantità di carboidrati sotto forma di zucchero (glucosio) o di pane bianco, presi entrambi come riferimento. Più è alto questo valore più veloce sarà l’innalzamento della glicemia post-prandiale e più alto sarà il rilascio di insulina da parte dell’organismo.
Numerosi sono i fattori che contribuiscono alla determinazione dell’Indice Glicemico, un esempio per tutti le carote crude hanno un IG di 30 se cotte arriva a 85, quindi è veramente difficile sapere con certezza l’IG dei vari alimenti, si può comunque far riferimento alla celebre tabella International table of glycemic index and glycemic load values (Foster-Powell K, Holt SH, Brand-Miller JC. Human Nutrition Unit, School of Molecular and Microbial Biosciences, University of Sydney, NSW, Australia.) pubblicata su – Am J Clin Nutr. 2003 Apr; 77(4):994.
L’elemento che maggiormente ci aiuta a determinare l’IG è il rapporto tra due componenti principali dell’amido presente negli alimenti : l’amilosio e l’amilopectina. È infatti dalla maggiore presenza di una componente rispetto all’altra che dipende la natura chimico-fisica degli alimenti amilacei e quindi l’IG, anche la cottura può modificare tale valore.
Maggiore è il rapporto amilosio/amilopectina più alto è l’IG. In questo modo è facile capire perché i legumi, che hanno una percentuale di amilosio alta, hanno un più basso IG rispetto alle patate, che hanno minore contenuto di amilosio.
Anche il contenuto di fibra e proteine può condizionare di molto l’IG di un alimento. I legumi, per esempio, hanno un più alto contenuto di fibra (soprattutto solubile) e di proteine (quasi doppio) rispetto ai cereali.
Per questo motivo, l’accesso ai glucidi da parte delle amilasi è ostacolato da una maggiore barriera naturale. Ciò spiega perché i legumi hanno, in linea generale, un IG più basso dei cereali.
Altro elemento importante legato all’aumento della glicemia post-prandiale è la quantità complessiva dei carboidrati assunti, quindi dovremmo calcolare il “carico glicemico” complessivo di un pasto, moltiplicando l’IG di un cibo per il suo quantitativo. Inoltre, quando si assumono più alimenti, va anche valutata, la risultante degli IG dei singoli alimenti, considerando che, all’aggiunta di grassi e proteine, l’IG del pasto complessivamente diminuisce perché la digestione di questi macronutrienti è più lenta e, quindi, i carboidrati totali presenti vengono assorbiti meno velocemente.
Il consiglio è quello di preparare dei pasti equilibrati dove siano sempre presenti delle buone quantità di fibre, una quantità modesta di grassi privilegiando quei cibi con un basso IG rispetto a quelli con un IG più alto.