Memoria dell’acqua e omeopatia

Riportiamo un articolo pubblicato sul "Corriere della Sera" e su "La Stampa" relativo a nuovi studi che confermerebbero come "l'acqua ha memoria", teoria già proposta da molti medici che evidenzia come l'acqua viene "informata" sui principi attivi in essa diluiti . . . quindi l'omeopatia ha un razionale!

Memoria dell’acqua, si riaccende il dibattito sull’omeopatia 

Il Dna emette e trasmette segnali elettromagnetici di bassa frequenza in soluzioni acquose altamente diluite

MILANO – Il Dna è in grado di emettere e di trasmettere segnali elettromagnetici di bassa frequenza in soluzioni acquose altamente diluite, le quali mantengono poi «memoria» delle caratteristiche del Dna stesso. Frequenze che in passato, nel corso di un esperimento, furono trasformate in suoni. La voce del Dna. Insomma, il Dna «comunica» all’acqua che memorizza e divulga il messaggio.
Uno studio italo-francese che ne riporta alla mente un altro lontano nel tempo e molto contestato dalla comunità scientifica internazionale: quello della «memoria dell’acqua», pubblicato da Nature nel 1988 e poi cancellato perché non ripetibile. Il medico e immunologo Jacques Benveniste (1935-2004), noto a livello internazionale per i suoi studi sulle allergie e sul sangue, all’epoca direttore della ricerca medica all’Inserm (il Cnr francese), è l’autore di quell’esperimento. Benveniste fu poi accusato di truffa e di conflitti di interesse con le aziende di prodotti omeopatici. Seppur additato dalla scienza internazionale, non fu mai licenziato dall’Inserm, cosa che invece avvenne per la sua segretaria, e continuò i suoi studi fino alla sua morte. Questa nuova ricerca sembrerebbe aver trovato una chiave scientifica a quello che cercò di provare Benveniste. Che oggi, se fosse ancora vivo, sarebbe super felice nel leggere quanto scoperto dal team italo francese e pubblicato su una delle riviste di fisica più prestigiose, il Journal of Physic. Titolo del lavoro: Dna,waves and water, che ad effetto gioca tra le parole Dna, onde (elettromagnetiche) e acqua. Ma ancora più importante è il nome di chi ha guidato il team francese: il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier insieme ai biologi Lavallè e Aissa. Il secondo gruppo di ricerca, l’italiano, era invece di fisici. Coordinato da Emilio Del Giudice, (Iib, International Institute for Biophotonics, di Neuss in Germania) con Giuseppe Vitiello (Fisico teorico del Dipartimento di matematica ed informatica dell’università di Salerno) e Alberto Tedeschi, ricercatore (White Hb di Milano).

E’ stato Montagnier a scoprire che alcune sequenze di Dna possono indurre segnali elettromagnetici di bassa frequenza in soluzioni acquose altamente diluite, le quali mantengono poi «memoria» delle caratteristiche del Dna stesso. Che cosa significa questo? «Innanzitutto — spiega il Nobel — che si potranno sviluppare sistemi diagnostici finora mai progettati, basati sulla proprietà “informativa” dell’acqua biologica presente nel corpo umano: malattie croniche come Alzheimer, Parkinson, Sclerosi multipla, Artrite reumatoide, e le malattie virali, come Hiv-Aids, influenza A ed epatite C, “informano” l’acqua del nostro corpo (acqua biologica) della loro presenza, emettendo particolari segnali elettromagnetici che possono essere poi “letti” e decifrati».

Nel regno animale, l’acqua rappresenta una quota compresa tra il 90-95% negli organismi inferiori e il 70-80% in quelli superiori, uomo in testa. E all’interno delle strutture biologiche, l’acqua si può trovare sia come una molecola sia in forma combinata. In realtà, l’acqua ha ancora molti «segreti», potendo per esempio agire come fattore di risonanza magnetica all’interno delle cellule e riuscire a modificare la sua concentrazione in funzione dell’invecchiamento. Si può dire che siamo fatti d’acqua: il corpo di un bambino è composto di liquidi per l’80%, quello di un adulto per il 60%. Solo negli anziani la percentuale scende un pochino (45%). E il cervello è l’organo che ne ha di più (85%): nelle cellule, tra le cellule, tutt’intorno. Galleggia. Così come nel grembo materno, il feto galleggia nel liquido amniotico. Scoprire quindi che la molecola d’acqua «registra» le onde a bassa frequenza del Dna, le «memorizza» e le trasmette in un certo senso «amplificandole» apre realmente importanti prospettive.

Non solo per la diagnosi, possibili sviluppi di tale scoperta potrebbero anche riguardare la cura. I segnali elettromagnetici presenti nell’acqua, infatti, sono riconducibili alla presenza o meno di una sua «memoria», intervenendo sulla quale si prospettano ampie possibilità di trasmissione dell’azione terapeutica dei principi attivi diluiti nell’acqua stessa. Con la prospettiva di cambiare di fatto la vita a molti pazienti, costretti all’assunzione di indispensabili farmaci salvavita che a volte recano però con sé il rischio di pesanti effetti collaterali. Concetti che scateneranno polemiche così come accadde oltre vent’anni fa per la teoria di Benveniste, all’epoca tacciato di truffa e isolato dalla comunità scientifica. Anche perché la medicina omeopatica e omotossicologica sfrutta da sempre i principi fisici per cui l’acqua può essere «informata» da sostanze in essa diluite. Dopo molti anni le ipotesi di Benveniste sembrano tornare inaspettatamente di attualità. E questa volta con il supporto scientifico della Fisica italiana, notoriamente al top mondiale.

La ricerca di Montagnier, Del Giudice e Vitello indica la strada per arrivare a una migliore comprensione dei meccanismi di funzionamento del paradigma omeopatico ed omotossicologico, ma soprattutto sembra creare la base per una futura generazione di rimedi farmaceutici senza effetti collaterali perché diluiti, che basano il proprio meccanismo d’azione sull’acqua «informata» dal segnale elettromagnetico prodotto da sostanze presenti in essa a bassissime concentrazioni. Acqua «informata» e poi «attivata» tramite peculiari tecnologie chimico-fisiche.

La ricerca, dal punto di vista dei fisici, ha anche un ulteriore risvolto. Dice Giuseppe Vitiello: «E’ un passo ulteriore a dimostrazione che la moderna fisica quantistica può dare un contributo fondamentale alle ricerche mediche di frontiera». In parallelo all’acqua «messaggera» del Dna, le ricerche cominciate nel 1984 dal biochimico giapponese Masaru Emoto dopo aver incontrato il bio-chimico Lee H. Lorenzen, inventore della microcluster water (un’acqua energetizzata avente effetti terapeutici). Emoto ha messo a punto una tecnica di refrigerazione che gli consente di fotografare i cristalli di diversi tipi di acqua, come quelle degli acquedotti di diverse città del mondo, e quelle provenienti da sorgenti, laghi, paludi, ghiacciai. E di fotografare l’acqua esposta a vibrazioni diverse, come la musica o le parole (pronunciate o anche soltanto scritte sulle bottiglie che la contengono). Persino dei pensieri.

I risultati dei suoi esperimenti mostrano che i cristalli cambiano struttura a seconda dei messaggi. L’acqua trattata con parole «positive» forma cristalli bellissimi, simili a quelli della neve; l’acqua trattata con parole «negative» invece, reagisce, creando forme amorfe e prive di armonia geometrica. Le immagini dei cristalli sono talmente impressionanti che Masaru Emoto ha deciso di renderle disponibili a tutte le persone interessate, attraverso la pubblicazione di numerosi libri e attraverso conferenze che tiene in tutto il mondo. 
Corriere della Sera

“La medicina del futuro”. Così David H. Freedman intitola il suo articolo che parla di omeopatia,  agopuntura e altre medicine non convenzionali su “The Atlantic”. Il giornalista della testata statunitense sostiene che, pur non avendo riscontri scientifici sufficienti a negare l’effetto placebo, queste medicine “fanno star meglio molte persone e sempre più medici sono pronti ad accoglierne alcuni principi”. Nonostante la grande quantità di lavori scientifici a sostegno di agopuntura e omeopatia si continua a proporre l’ipotesi dell’effetto placebo per motivare i successi clinici e la continua crescita di attenzione da parte della popolazione mondiale per queste medicine.
Ma la recente pubblicazione di un importante lavoro su una delle riviste scientifiche più prestigiose al mondo fa pendere la bilancia a favore dell’omeopatia.
Il Journal of Physics, ha infatti pubblicato il lavoro di ricerca “DNA, waves and water” condotto da due gruppi di lavoro, il primo francese, coordinato da Luc Montagnier, Premio Nobel per la Medicina, con Lavallè e Aissa, e il secondo italiano, coordinato dal fisico Emilio Del Giudice, (IIB, International Institute for Biophotonics, Neuss, Germany) con Giuseppe Vitiello (Fisico teorico del Dipartimento di Matematica ed Informatica, Università di Salerno) e Alberto Tedeschi, ricercatore (White HB, Milano).
Con questo studio viene dimostrato come alcune sequenze di DNA possano indurre segnali elettromagnetici di bassa frequenza in soluzioni acquose altamente diluite, le quali mantengono poi “memoria” delle caratteristiche del DNA stesso. Una scoperta che apre nuove prospettive sulla comprensione del meccanismo d’azione dei medicinali omeopatici.
Le possibili applicazioni in medicina sono affascinanti sia in termini di nuova diagnostica che di terapia basandosi sulla proprietà “informativa” dell’acqua biologica presente nel corpo umano. Malattie croniche come Alzheimer, Parkinson, Sclerosi Multipla, Artrite Reumatoide, e le malattie virali, come HIV-AIDS, influenza A ed epatite C, “informano” l’acqua del nostro corpo (acqua biologica) della loro presenza, ed emettendo particolari segnali elettromagnetici possono essere poi “letti”, decifrati e probabilmente curati.
Circa vent’anni or sono il ricercatore francese Benveniste ottenne risultati analoghi dai suoi studi sulla “memoria dell’acqua” ma la scarsità di evidenze scientifiche a suffragio della sua teoria e il probabile timore delle ricadute di questa scoperta ne causarono, all’epoca, l’isolamento dalla comunità scientifica e l’ostracismo del mondo accademico.  Abbiamo già citato questi fatti su questo blog nell’articolo  “un nobel per l’omeopatia”. Dopo molti anni quelle ipotesi tornano di attualità.
La ricerca di Montagnier, Del Giudice e Vitello indica anche la strada per arrivare a una migliore comprensione dei meccanismi d’azione dell’omeopatia che sfrutta da sempre i principi fisici per cui l’acqua può essere “informata” da sostanze in essa diluite e “attivata” tramite peculiari tecnologie chimico-fisiche. Essi, a differenza del farmaco classico che agisce attraverso il meccanismo molecola-recettore con inevitabili  effetti collaterali, agiscono attraverso un meccanismo di tipo biofisico-quantico con una terapia personalizzata esente da effetti tossici.
A seguito della pubblicazione del lavoro “DNA, waves and water”, il Prof. Giuseppe Vitiello ha dichiarato: “Il dato molto importante da sottolineare è che una rivista ufficiale di fisica come il Journal of Physics ha pubblicato per la prima volta una ricerca che normalmente sarebbe di competenza di un Journal di biologia o medicina. Un passo ulteriore a dimostrazione che la moderna fisica quantistica può dare un contributo fondamentale alle ricerche mediche di frontiera”.
Forse i nostri pronipoti sorrideranno pensando ai vecchi inquinanti motori a benzina usati dai loro bisnonni mentre guideranno le loro auto elettriche o a propulsione alternativa, come forse sorrideranno pensando a pillole, compresse, supposte e iniezioni mentre si cureranno con la medicina quantica.

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