Quando l’appettito è davvero fame?

La fame è il risultato di un intricato ammasso di impulsi neuroendocrini attivati da segnali fisici, chimici, meccanici e psicologici.

Fame e appetito spesso non coincidono

La fame è una pulsione primaria, legata all’istinto di sopravvivenza, questo per l’uomo è vero solo in parte, perché spesso entrano in gioco molti altri fattori che poco hanno a che fare con gli istinti primordiali.
Nell’uomo, a differenza degli animali, la fame non è esclusivamente il risultato di bisogni fisiologici, spesso assumiamo alimenti pur essendo sazi, solamente perché abbiamo voglia e non la necessità di mangiare, quel determintato cibo.
Nel controllo della fame intervengono due  centri ipotalamici, influenzati da numerosi neurotrasmettitori ed ormoni, che inviano segnali che spingono o meno alla ricerca di cibo.
In condizioni di digiuno è attivo il centro della fame, dopo il pasto prevale quello della sazietà.
Tali centri ricevono innumerevoli segnali regolatori, alcuni dei quali più rilevanti degli altri, molti gli studi relativi a questi meccanismi, legati soprattutto alla cura e alla comprensione di una diffusa e grave patologia: l’obesità.
Tra le teorie elaborate ricordiamo, la TEORIA GLUCOSTATICA, e la TEORIA LIPOSTATICA.
Uno degli stimoli più importanti per la regolazione dell’appetito è la glicemia, il nostro organismo è dotato di recettori cerebrali che monitorizzano costantemente la concentrazione di glucosio nel sangue.
Non appena la glicemia tende a scendere al di sotto dei valori di guardia si innesca lo stimolo della fame, viceversa quando il glucosio ematico si alza eccessivamente il cervello capisce che non è più necessario mangiare.
Icentri della fame e della sazietà sono pesantemente influenzati anche dai depositi di grasso dell’organismo.
Quando le scorte lipidiche iniziano a scarseggiare il centro della fame stimola l’assunzione di cibo, non appena i depositi adiposi vengono ricostituiti il cervello riceve un segnale inibitorio sullo stimolo della fame.
Qualche anno fa era stato pubblicato uno studio che evidenziava la relazione tra leptina e sovrappeso, quest’ormone, codificato dal “gene dell’obesità” (gene OB), agisce a livello ipotalamico, determinando il senso della sazietà. Se i depositi di grasso aumentano viene incentivata la produzione di leptina, se invece diminuiscono, l’introito calorico viene favorito dalla ridotta secrezione dell’ormone.
Topi privi del gene OB, data la correlata assenza di leptina, ingrassano a vista d’occhio.
Le cose non sono però così semplici nell’uomo, dato che molti obesi sono tali pur presentando elevate concentrazioni plasmatiche di leptina. Tuttavia la fame è il risultato di un intricato ammasso di impulsi neuroendocrini attivati da segnali fisici, chimici, meccanici e psicologici.
Un altro interessante studio ha dimostrato l’influenza della vista sull’appetito, spesso diciamo lo mangerei con gli occhi, e in effetti sembra quasi possibile. Lo studio è iniziato con l’osservazione dei pesci zebra, in cui è stato scoperto un meccanismo del cervello che collega direttamente la vista del cibo all’appetito.
Pubblicata su Nature Communications, la scoperta si deve ad un gruppo di ricercatori giapponesi dell’Istituto Nazionale di Genetica (Nig). Questo studio può aiutare a capire il modo in cui il cervello controlla l’appetito e potrebbe aiutare a comprendere anche i disturbi alimentari. Negli animali vertebrati il comportamento alimentare è regolato da un’area del cervello chiamata ipotalamo, che funziona come una centralina che controlla ed elabora le informazioni sui bisogni energetici dell’organismo e quelle sulla disponibilità di cibo”.
I pesci zebra, come gli esseri umani, utilizzano principalmente la vista per riconoscere il cibo ed è l’ipotalamo a riceve le informazioni visive sulle prede. Grazie alle tecniche che usano la luce per attivare le singole cellule del cervello, i ricercatori hanno osservato in tempo reale l’attività delle cellule nervose nelle larve del pesce zebra, dimostrando che la vista delle prede attiva la centralina dell’appetito dell’ipotalamo.
Effettivamente esiste un circuito nervoso che collega direttamente la vista del cibo a questa centralina, così la percezione visiva del cibo sembra essere legata al comportamento alimentare, e potrebbe spiegare come viene regolato l’appetito, sia in condizioni normali, sia nei disturbi alimentari.
Per quanto riguarda la cura dell’obesità, questo mostra come sia necessario, per una cura efficace, tenere in considerazione elementi anatomici, fisiologici, biochimici e psicologici che, nel loro insieme, permettono di individuare validi percorsi terapeutici.
L’atto del mangiare non indica necessariamente un bisogno di cibo, ma può nascondere ansie, timori e sentimenti positivi o negativi. L’umore, l’inconscio e la razionalità sono i principali responsabili degli attacchi di fame incontrollata.
La depressione, per esempio, si accompagna spesso ad attacchi di fame ansiosa di quei cibi, come i dolci, che evocano ricordi piacevoli e migliorano temporaneamente lo stato d’animo.