Lievito madre o di birra?
Definizione di lievito ogni fungo unicellulare che in assenza di ossigeno produce una fermentazione, ogni microrganismo o insieme di microrganismi capace di provocare processi di fermentazione. In cucina, il termine lievito ha un significato più ampio e viene esteso a qualsiasi microrganismo, o sostanza chimica, in grado di far "rigonfiare" un impasto per incorporazione di bolle gassose.

Lievito madre o di birra?
In questi giorni in cui siamo costretti a stare a casa abbiamo una maggior quantità di tempo a disposizione e quindi tutti noi ci dilettiamo a preparare piatti legati alla tradizione, rispolveriamo le ricette delle nostre mamme, facciamo la pasta e sempre in ricordo dei vecchi tempi ci viene il desiderio di preparare il pane, non a caso infatti nei supermercati gli scaffali delle farine sono pressochè vuoti e si hanno grosse difficoltà a reperire il lievito. In particolare io ricordo, durante le mie vacanze estive siciliane, il sapore e il profumo del pane che preparavamo nel forno a legna della casa di famiglia e che poi assaporavamo con olio extravergine di oliva (Nocellara), sale e pepe, in aggiunta a piacere alcuni di noi aggiungevano i pomodori dell’orto. Parlando di pane non si può non parlare di lievito, per ottenere quindi un buon risultato del prodotto finale è doveroso fare chiarezza dando la definizione di lievito, che tipologia di lieviti è consigliabile utilizzare nelle varie preparazioni e per coloro che sono intolleranti dove è contenuto.
Definizione di lievito ogni fungo unicellulare che in assenza di ossigeno produce una fermentazione, ogni microrganismo o insieme di microrganismi capace di provocare processi di fermentazione. In cucina, il termine lievito ha un significato più ampio e viene esteso a qualsiasi microrganismo, o sostanza chimica, in grado di far “rigonfiare” un impasto per incorporazione di bolle gassose.
I tipi di lievito: esistono due tipi principali di lieviti:
Lieviti naturali o lieviti propriamente detti:
Lievito di birra con questo termine si è soliti intendere un fungo microscopico, formato da colonie di Saccharomyces cerevisiae, ottenute per fermentazione. In particolare, le cellule del lievito vengono coltivate su un substrato di malto (orzo germogliato) all’interno di fermentatori dove si moltiplicano migliaia di volte. Il lievito di birra è una miscela di funghi del genere saccharomyces cerevisiae, ed è quello utilizzato per preparare il pane, la pizza. . . . . ma serve anche per fare il vino e la birra, conosciuto e utilizzato dall’uomo da migliaia di anni. Oggi è prodotto industrialmente e venduto sotto forma di panetti cubici pressati da 25 gr . È una massa di cellule viventi e non va confuso con i lieviti chimici, preparazioni a base di carbonati e bicarbonati destinati solo a produrre anidride carbonica durante la cottura. Costituito per il 70% da acqua, contiene miliardi di microrganismi, basti pensare che solo 1 grammo può contenere quasi 10 miliardi di cellule. Questo fungo permette d’innescare il processo di lievitazione dell’impasto, ovvero trasformare gli zuccheri in glucosio, alcool e anidride carbonica.
Il lievito di birra inoltre costituisce una fonte ricca e completa di vitamine del gruppo B, spesso assunte in scarse quantità nelle diete iperlipidiche, o iperglucidiche, o iperproteiche, oppure quando il consumo di alcool, sigarette o caffè è elevato. Queste vitamine sono ben dosate nel lievito di birra ad eccezione della B12 in esso si trovano inoltre selenio, cromo (cofattore dell’insulina e preventivo del diabete mellito), glutatione, zolfo, aminoacidi essenziali (leucina, valina, isoleucina, treonina, fenilalanina, metionina, triptofano, lisina) fosforo, potassio e magnesio.
Un panetto di lievito di birra fresco da 25 grammi corrisponde a una bustina di lievito di birra secco da circa 7. Il rapporto quindi è di circa 3:1… quindi se usate il lievito secco, ve ne basta circa un terzo (in peso) di quello fresco. Tuttavia ad essere precisi si dice il rapporto di equivalenza tra fresco e secco sia 23:7=3,29.
Un’altra proporzione: 1 cubetto di lievito di birra da 25 g = 300 g di Lievito Madre
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Pasta acida o lievito madre, è il lievito migliore, quello più naturale, potrebbe essere definito un “impasto di farina di frumento e acqua lasciato fermentare spontaneamente, ovvero senza l’inoculazione di nuovi microbi fermentativi” a temperatura ambiente per un certo tempo, durante il quale la microflora – in cui predomina la coltura dei batteri lattici – naturalmente presente negli ingredienti e nell’ambiente stesso, ha il tempo di moltiplicarsi e fermentare. La pasta madre non necessita, dopo la creazione, ulteriori aggiunte di lieviti o batteri; è infatti sufficiente che, periodicamente e con sistematicità, vengano alimentati i microorganismi in essa già presenti. Il lievito madre è quindi un alimento vivo che deve essere conservato nel rispetto dei batteri e dei miceti che lo compongono. Esso va unito ad acqua e farina, ottenendo un impasto dal quale, in seguito ad una lunga lievitazione, se ne tratterrà una parte (circa 1/3 o 1/2) destinata all’impiego successivo. Il lievito madre si mantiene grazie ad una sorta di “moto perpetuo” e potrebbe essere definito un lievito inesauribile! A seconda del tipo di farina utilizzata, del tasso di idratazione, della temperatura, dell’umidità e anche dell’ambiente in cui il lievito matura, si potrà raggiungere un’acidità naturale più o meno elevata, modificando l’aroma e le caratteristiche della miscela
Le differenze tra l’impiego di lievito di birra e quello di lievito madre; prima di tutto, è fondamentale sottolineare la discrepanza esistente tra la flora microbica dei due prodotti. Mentre il lievito di birra è costituito esclusivamente (o quasi) da lieviti Saccharomyces (prevalentemente cerevisiae), il lievito madre possiede una maggior varietà di microorganismi attivi tra i quali, oltre ai lieviti (Saccharomyces e Candida), figurano alcuni batteri lattici omofermentanti (ovvero che producono solo acido lattico e anidride carbonica) ed eterofermentanti (ovvero che producono anche composti secondari come acido acetico, etanolo ecc.); tra questi ultimi citiamo: Lactobacillus: L. plantarum, L. casei e L. brevis, Leuconostoc: L. mesenteroides,Pediococcus: L. pentosaceus ecc. Questi batteri, producendo anche acido lattico e acetico determinano “l’acidificazione della pasta” e sono responsabili di varie modificazioni nutrizionali, organolettiche e gustative del prodotto ottenuto col lievito madre. In base ad alcune rilevazioni effettuate sulla mollica del pane ottenuto con lievito madre. si sono riscontrate concentrazioni di acido acetico fino a 20 volte superiori rispetto a quelle dell’alimento ricavato per lievitazione diretta con lievito di birra. Pasta di riporto Una precisazione non tutti la conoscono ma la pasta di riporto è un antichissimo metodo di lievitazione, quello utilizzato dalle nostre nonne per preparare in casa pane e pizza di ogni tipo, ma anche tanti lievitati dolci davvero eccezionali. Vi chiederete in cosa differisce dal lievito madre. A differenza di quest’ultimo, infatti, questa particolare pasta di riporto, detta anche “criscito”, ha al suo interno del lievito di birra per cui non è naturale al 100 %. Il funzionamento, però è sempre lo stesso ma la lavorazione è più veloce. Mentre il lievito madre, infatti, ha bisogno di parecchi giorni prima di poter essere utilizzato, la pasta di riporto sarà pronta in pochi giorni, anche se dovrete sempre rinfrescarlo con acqua e farina Per preparala sono necessari 80 g di farina 00, 80 ml di acqua, 7 g di lievito di birra. Come preparare la pasta di riporto: prendete l’acqua a temperatura ambiente o leggermente intiepidita. Fate attenzione, a non scaldarla eccessivamente per non rovinare il lievito. All’interno di metà dell’acqua indicata aggiungete il lievito di birra fresco e fatelo sciogliere completamente. Aggiungete, quindi, metà della farina e iniziate a mescolare per bene il tutto. Coprite con della pellicola trasparente e fate riposare per 12 ore a temperatura ambiente. Una volta terminato questo tempo di riposo aggiungete l’acqua e la farina rimanente. Mescolate così da incorporare questi altri ingredienti e quindi coprite nuovamente con pellicola trasparente e fate riposare per altre 12 ore. Come si usa? In questo caso 200 g di pasta di riporto saranno la dose necessaria su 1 kg di farina. Potete anche diminuire o aumentare la quantità di pasta utilizzata regolando, però, di conseguenza i tempi di lievitazione che subiranno quindi un aumento o una diminuzione. E’ sempre consigliabile, però, non diminuire o aumentare eccessivamente la quantità di pasta. Come rinfrescare la pasta di riporto Esattamente come accade con il lievito madre, anche la pasta di riporto ha bisogno di essere rigenerata. Come fare? Ogni 100 g di pasta dovrete aggiungere altri 100 g di pasta e metà dose di acqua, quindi 50 ml. Mescolate tutti gli ingredienti ed una volta ottenuta una pasta omogenea dovrete farla lievitare per altre 12 ore a temperatura ambiente e poi conservarla in frigorifero. Sarà quindi pronta per essere utilizzata.
Lieviti chimici: questi non sono protagonisti di una vera e propria lievitazione, dato che non producono alcuna fermentazione microbica La maggior parte delle polveri lievitanti è costituita da un componente alcalino (solitamente bicarbonato di sodio), da uno o più sali acidi (come il cremor tartaro, che è un sale dell’acido tartarico) e da un amido inerte (perlopiù amido di mais ma anche fecola di patate). Il bicarbonato di sodio è la sorgente dell’anidride carbonica
Acido tartarico è il principale componente di uva e tamarindo l’acido tartarico è una potente molecola antiossidante Insieme ad acido glicolico, citrico, e malico, l’acido tartarico è uno dei più importanti alfa-idrossiacidi, i cosiddetti acidi della frutta. Esso viene utilizzato nella cosmetologia come protagonista indiscusso lievitante (addizionato al bicarbonato di sodio). Oltre ad essere uno dei principali componenti dell’uva, l’acido tartarico è il più importante regolatore d’acidità del vino. Nel vino, quest’acido della frutta è importantissimo e riveste numerose funzioni:
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- Regola l’acidità del vino: il pH acido del vino funge da protezione contro l’attacco di batteri. È possibile addizionare acido tartarico al vino per aumentarne l’acidità (ovvero ridurre il pH)
- Conferisce un aroma particolare al vino
- Svolge un ruolo importante nella colorazione del vino
Cremor tartaro, chimicamente noto come bitartrato di potassio e conosciuto anche come tartrato acido di potassio – è il sale di potassio dell’acido tartarico. Nel cibo, viene utilizzato per: stabilizzare gli albumi aumentandone il volume e la tolleranza al calore, stabilizzare la panna montata mantenendone la consistenza e il volume, come antiagglomerante e addensante, per ridurre la perdita cromatica delle verdure bollite, viene usato nel lievito chimico, come ingrediente acido per attivare il bicarbonato
A cosa serve il lievito
Permette d’innescare il processo di lievitazione dell’impasto, ovvero trasformare gli zuccheri in glucosio, alcool e anidride carbonica. ma perchè ciò avvenga è necessario combinare diversi elementi:
- calore, serve a far moltiplicare i microrganismi (bastano 24°).
- acqua, serve ai funghi per idratarsi.
- zuccheri serve ai funghi per nutrirsi (li trova nella farina).
- aria serve ai microrganismi per respirare.
Il processo di lievitazione ha diversi benefici:
Provoca la decomposizione degli zuccheri della farina e quindi la loro fermentazione e aumenta la digeribilità.-Crea una struttura a nido d’ape nell’impasto grazie all’anidride carbonica che lo rende più leggero.-Rinforza gli aromi durante la lunga fermentazione.- Agisce sulla colorazione della crosta. –Migliora la leggerezza finale.
Quale lievito usare
Per preparare il pane, la pizza, il lievito più indicato è sicuramente il lievito madre perchè esso ha diversi vantaggi: conferisce una fragranza unica al pane, rende il pane più digeribile, consente una conservazione più lunga preservando la qualità e il gusto. Ricordiamo che il termine ‘madre’ designa una parte della miscela ottenuta da un trattamento precedente, che viene rinnovata e conservata secondo determinate procedure. I rinfreschi successivi con farina e acqua, a determinati intervalli di tempo, servono per andare avanti e mantenere sempre una certa quantità di lievito a disposizione.
La pasta madre è usata oltre che nella preparazione del pane , pizza . . . anche nella preparazione di dolci a lunga lievitazione come il panettone, il pandoro e la colomba. in alternativa potrà essere usato anche il lievito di birra fresco in panetto oppure quello istantaneo e da reidratare
Si tratta di un lievito di birra liofilizzato che può conservarsi più a lungo di quello fresco. Quello istantaneo si presenta sotto forma di granuli e contiene degli stabilizzanti che permettono di riavviare l’impasto senza reidratarlo prima dell’uso. Quello da reidratare andrà sciolto per 15 minuti in acqua tiepida prima di usarlo.
Per preparare prodotti di pasticceria biscotti, torte, muffin, pasta frolla è consigliabile utilizzare il lievito chimico.
Chiamato anche lievito in polvere, contiene generalmente diversi componenti chimici (bicarbonato di sodio, bicarbonato di potassio o acido citrico, acido tartarico o fosfato di calcio, sodio) e un neutralizzatore (farina di amido o di riso). Una volta a contatto con l’acqua, il neutralizzatore si scioglie permettendo ai componenti chimici di reagire tra loro causando il rilascio di anidride carbonica che causa la lievitazione.
Dove porre a lievitare
L’attività del lievito di birra è fortemente influenzata dalla temperatura e dall’umidità. Se i panettieri dispongono di speciali unità dette celle di lievitazione che mantengono calore e umidità ai livelli ottimali, in casa si possono scegliere vari posti dove mettere a riposare l’impasto per favorirne la lievitazione. Infatti, a basse temperature non s’innesca il processo di lievitazione perché l’attività batterica si blocca. Ed il caldo eccessivo fa morire i lieviti, per cui bisogna avere un giusto livello di caldo per sviluppare il loro metabolismo. L’umidità invece va preservata con vari stratagemmi, dal panno umido o il telo di plastica stesi sull’impasto alla ciotola d’acqua posta accanto in un posto piccolo e chiuso come il forno, alla nebulizzazione di acqua da uno spruzzino di tanto in tanto. Di base, ricordiamo che i lieviti, oltre ai 38° cominciano a morire. Vediamo quali luoghi si prestano a mantenere la giusta temperatura di lievitazione.
- Si può partire dall’acqua calda o tiepida per garantirsi un impasto già piuttosto caldo, che innesca più facilmente il metabolismo dei lieviti.
- Si può anche mettere l’impasto nel forno statico (e non ventilato) aperto a temperatura bassissima (30°-35°)
- Sempre nel forno chiuso e lasciando accesa solo la lampadina e avvicinandole l’impasto coperto.
- E ancora in un vano chiuso e piccolo come il forno a microonde spento con una ciotola di acqua calda
- Anche sopra il frigo, che è più caldo dell’ambiente per via del calore rilasciato dalla pompa, è un posto perfetto per la lievitazione.
- In inverno accanto ad un calorifero, ma non sopra, dove potrebbe svilupparsi troppo calore.
Il pane ha una lievitazione molto più breve di un dolce, che contiene ingredienti che “appesantiscono” l’impasto e hanno bisogno di tempi più lunghi per gonfiarlo.
Ora che abbiamo fatto chiarezza sulle diverse tipologie di lieviti non ci resta che preparare un buon pane, una sfiziosa pizza, dei fragranti biscotti o una torta alla frutta. Potremo così evitare di mangiare prodotti confezionati ricchi di emulsionanti, amalgamanti e conservanti.
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