L’infiammazione cronica si combatte a tavola
L'infiammazione cronica è una condizione "cronica" che riguarda, più o meno, tutti noi che a differenza delle infiammazioni acute non dà alcun segno di sè evidente ma rimane silente anche per tempi molto lunghi.... Cerchiamo di capire che cosa si intende esattamente con questo termine anche perché questa condizione favorisce le patologie degenerative

Il termine infiammazione cronica è utilizzato sempre più spesso quando si parla di prevenzione, cerchiamo quindi di capire che cosa si intende esattamente con questo termine anche perché questa condizione favorisce le patologie degenerative. L’infiammazione cronica è una condizione “cronica” che riguarda, più o meno, tutti noi che a differenza delle infiammazioni acute non dà alcun segno di sé evidente ma rimane silente anche per tempi molto lunghi.
Ma come si individua questo stato?
Abbiamo descritto più volte in articoli precedenti il ruolo della proteina C (PCR) nell’infiammazione e la correlazione con sovrappeso e obesità ma è interessante citare questo nuovo studio in cui è stata evidenziata una associazione tra alimentazione, globuli bianchi e piastrine Riportiamo un breve tratto dell’intervista effettuata agli autori dello studio
“Generalmente per capire il grado di infiammazione analizziamo il livello nel sangue di alcuni marcatori, – afferma De Gaetano – ad esempio la proteina C reattiva o il numero di piastrine e di globuli bianchi. Per la proteina C reattiva era già nota l’associazione con l’alimentazione, ma per i globuli bianchi e le piastrine nessuno ancora aveva provato a vedere se effettivamente c’era un rapporto diretto con ciò che mangiamo. «Il valore del nostro studio sta proprio nell’aver confermato l’esistenza di un rapporto anche tra dieta e globuli bianchi e, novità nella novità, aver rilevato un legame pure con le piastrine – chiarisce Marialaura Bonaccio, principale autrice dello studio -. A questo punto, visto che tutti i tre marker “classici” dell’infiammazione risultano coinvolti abbiamo motivi più solidi per pensare che una sana alimentazione mediterranea possa ridurre il livello di infiammazione sub-clinica ». Interviene Licia Iacoviello, responsabile del Laboratorio di epidemiologia molecolare e nutrizionale dell’IRCCS Neuromed: «Vorrei fosse chiaro che cosa si intende per “sub-clinico”: la popolazione studiata non aveva alcun tipo di patologia ematologica conclamata. I valori di conta piastrinica o di globuli bianchi rilevati nei partecipanti allo studio erano tutti nella norma, solo leggermente “scostati” verso l’alto, o verso il basso, in conseguenza del tipo di alimentazione adottato”. Adherence to the Mediterranean diet is associated with lower platelet and leukocyte counts: results from the Moli-sani study 2014 May 8;123(19):3037-44. doi: 10.1182/blood-2013-12-541672. Epub 2014 Mar 31.
Questo studio è frutto del lavoro di un gruppo di ricercatori dell’IRCCS Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed di Pozzilli, in Molise, una delle regioni italiane in cui la dieta mediterranea è più di “casa”. I risultati dello studio, pubblicato sulla rivista americana di ematologia Blood , provengono da una grandissima ricerca epidemiologica, “Moli-sani”, nata per conoscere i fattori ambientali e genetici alla base delle malattie cardiovascolari e dei tumori. Il progetto è partito nel marzo 2005 e ha coinvolto ben 25 mila abitanti della regione.
Alcune considerazioni :
Questo studio mettendo in correlazione l’infiammazione con la dieta conferma quello che affermiamo ormai da anni, ovvero che il cibo determina lo stato di salute di un soggetto.
In questo caso si è studiato il ruolo della dieta mediterranea sulla salute e quali alimenti influiscono maggiormente sullo stato infiammatorio.
E’ stato osservato che un ruolo fondamentale è giocato dagli alimenti ricchi di antiossidanti e di fibre. Quindi, ancora una volta si consigliano frutta e verdura, meglio ancora se di colori intensi o a foglia larga. E per assicurarsi una buona dose di fibre, oltre a frutta e verdura anche legumi e cereali integrali. Ma è bene sottolineare che qualsiasi dieta venga seguita bisogna sempre tenere conto che qualsiasi cibo può provocare, in persone sensibilizzate, la produzione di citochine e sostanze infiammatorie che provocano tutta la sequenza di sintomi, malattie e disturbi tipici delle ipersensibilità alimentari.
La scoperta che un alimento possa indurre la produzione di BAFF(B Cell Activating Factor) e provocare tutti i sintomi infiammatori risale a qualche anno fa, questo ci consente di capire il livello di infiammazione correlata al cibo e agire di conseguenza per ridurre quella stessa infiammazione e controllarne gli effetti sulla salute.
Attenzione quindi all’infiammazione correlata al cibo rilevabile grazie alla valutazione di BAFF ed esami ematochimici come il complemento (C3 e C4), al numero di globuli bianchi e di eosinofili (che in questi casi spesso sono alti) e dalla ricerca delle ipersensibilità alimentari.