Obesità: questione di geni?
L'importante aumento di prevalenza dell'obesità negli ultimi anni sembra essere causato da cambiamenti ambientali legati soprattutto ad eccessivi introiti alimentari e poca attività fisica, ma forse ha anche cause genetiche...

L’obesità è genetica?
L’importante aumento di prevalenza dell’obesità negli ultimi anni sembra essere causato da cambiamenti ambientali legati soprattutto ad eccessivi introiti alimentari e poca attività fisica. Nonostante ciò non tutti noi diventiamo sovrappeso od obesi: la suscettibilità genetica individuale gioca sicuramente un ruolo importante. Studi condotti su gemelli omozigoti infatti hanno dimostrato che i fattori genetici contribuiscono per il 40-70% allo sviluppo dell’obesità, lasciando così, in alcuni casi, solo un 30% ai fattori ambientali.
Lo studio della genetica ha fatto passi da gigante, e lo studio del genoma ha permesso di individuare dei geni (SNP:single nucleotide polymorphisms) associati a numerose malattie d’interesse, tra le quali la malattia di Chron, diabete di tipo I e II, artrite reumatoide.
Uno studio in particolare (Science 2007; 316:889-894) ha scoperto il gene FTO (gene associato alla massa grassa ed alla obesità e di cui avevamo già accennato in un precedente articolo).
Oltre all’associazione con il BMI (indice di massa corporea) e l’aumentato rischio di soprappeso ed obesità, il gene FTO ha anche dimostrato associazioni con alcuni fattori legati all’obesità: i livelli di leptina (ormone prodotto dagli adipociti, che stimola la sazietà), grasso sottocutaneo, %body fat, circonferenza della vita e dei fianchi, ma non massa magra o altezza.
Sulla rivista “Nature” è stata pubblicata una ricerca condotta da scienziati dell’ università di Dusseldorf sui topi che riguarda le variazioni del gene FTO responsabile delle differenze di metabolismo, cioè della tendenza a ingrassare o meno di ciascuno. E’ risultato che gli animali completamente privi del gene rimangono magri, nonostante mangino grandi quantità di cibo e restino inattivi. La ricerca suggerisce che i topini senza il gene brucino energia più velocemente di quelli con una versione funzionante, ovvero attiva, del gene.
Gli studi sono stati fatti anche su esseri umani, in particolare è stata effettuata un’analisi prospettica su 2275 bambini arruolati nello studio ALSPAC (Plosone 2009; 4(3):e4594) nei quali è stata valutata la correlazione tra una dieta ad alta densità energetica e la massa magra. La relazione non è risultata essere lineare, il che suggerisce che alcuni bambini sono più suscettibili di altri ad una dieta ad alta densità energetica. I ragazzi con il gene FTO ad alto rischio di sviluppare obesità hanno una suscettibilità superiore poiché il loro sistema di controllo dell’appetito è compromesso. E’ stata quindi testata la relazione tra dieta ad alta densità energetica nei giovani adolescenti e l’interazione con le varianti FTO calcolando gli introiti all’età di 10 anni, utilizzando un diario alimentare di 3 giorni, senza includere le bevande, e calcolando poi la massa grassa all’età di 13 anni.
I risultati hanno mostrato che l’effetto del gene FTO ad alto rischio sulla massa grassa potrebbe essere annullata modificando la dieta e diminuendo la densità energetica assunta, dimostrando così che alcuni ragazzi, che possiedono il gene, sono effettivamente a maggior rischio di obesità, ma che questo rischio può essere ridotto se non annullato con una attenzione dietetica fin dall’infanzia.
Ma gli studi sugli introiti alimentari nei bambini sono andati oltre: un recente report (International Journal of Obesity (2009) 33, 42–45) ha mostrato differenze nell’assunzione di energia a seconda del genotipo FTO, ma non differenze nell’attività fisica, suggerendo quindi che il gene agirebbe proprio sul controllo dell’appetito e non sul dispendio energetico.
E’ stato utilizzato un questionario per valutare l’appetito, L’EAH (eating in the absence of hunger) che ha mostrato essere associato con l’obesità infantile: ragazzi con allele ad alto rischio mostravano una risposta nettamente inferiore alla sazietà.
Ai ragazzi veniva offerto un cibo piacevole e palatabile dopo che avevano già mangiato a sazietà. L’assunzione di cibo è stata valutata con il questionario: i ragazzi che possedevano il gene ad alto rischio erano associati con un maggiore consumo di cibo palatabile, indipendentemente dal Body Mass Index
L’influenza del gene sullo sviluppo dell’obesità è quindi certamente presente, ma assai modesta: ciascun allele ad alto rischio aumenta il BMI di 0,4-0,6 punti, che corrispondono a circa 1,3-2,1 Kg di peso in una persona di 180 cm di altezza. L’omozigote (chi cioè possiede entrambi gli alleli uguali) per l’allele ad alto rischio ha un peso di 3-4 Kg in più ed un rischio di una volta e mezza di sviluppare obesità rispetto a chi non ha ereditato l’allele ad alto rischio. (Nature, Published online 22 February 2009).
Effetti simili sono stati osservati in bambini ed adolescenti nei quali il gene ad alto rischio aumenta di 0,8-0,12 mentre il rischio di obesità aumenta di 1,2-1,3 volte.
La frequenza di possedere l’allele ad alto rischio è però molto alta nella popolazione europea, con un 63% di presenza di almeno un allele, ed il 16% di presenza di omozigosi per l’allele.
Questo implica che si potrebbe prevenire il 20% di obesità nella popolazione caucasica se eliminassimo la presenza dell’allele FTO ad alto rischio.
Ma allora chi possiede questo allele è destinato ad essere obeso?
Un recente studio effettuato su più di 6000 danesi di media età ci ha dimostrato che la suscettibilità genetica degli individui portatori dell’allele poteva essere soppressa attraverso l’attività fisica.
I soggetti portatori dell’allele pesavano di più se erano sedentari, mentre i soggetti, anch’essi portatori dell’allele ad alto rischio, che però svolgevano attività fisica avevano lo stesso BMI dei non-portatori dell’allele (J Clin endocrinol metab 2008).
La scoperta del gene potrebbe quindi avere importanti implicazioni: creando medicinali in grado di regolare l’attività del gene FTO potremmo controllare l’eccessivo ingrassamento.
In attesa della pillola miracolosa che non ci faccia ingrassare (ma davvero esisterà mai?) l’unica vera terapia per adesso è un’alimentazione sana ed equilibrata e l’attività fisica.