Lorcaserina: la pillola magica antiobesità
Il sogno di milioni di persone che si mettono a dieta è quello di avere a disposizione "la pillola magica" che permetta loro di ottenere un buon calo ponderale in tempi ristretti, pura fantasia o sta diventando realtà?

Lorcaserina – Il sogno di milioni di persone che si mettono a dieta è quello di avere a disposizione “la pillola magica” che permetta loro di ottenere un buon calo ponderale in tempi ristretti, pura fantasia o sta diventando realtà?
Nella pratica clinica quotidiana spesso viene chiesto a noi medici: “Non mi dà un aiutino?” oppure “Non esiste qualcosa che mi tolga la fame?”
Ebbene dal 2013 negli Stati Uniti dovrebbe esser commercializzata la pillola Belviq (lorcaserina) messa a punto dall’azienda Arena Pharmaceuticals Inc.
Il prodotto era una delle tre molecole all’esame della Fda (Food and Drug Administration agenzia americana che valuta e approva la messa in commercio dei farmaci). La pillola è stata progettata per bloccare i segnali dell’appetito a livello cerebrale, al fine di raggiungere un senso di sazietà in tempi più brevi riducendo la quantità di cibo introdotta. Secondo gli studi clinici, i pazienti che l’hanno assunta in media avevano perso circa il 5% del loro peso corporeo.
Come rileva il New York Times, la pillola era stata respinta dall’Fda nel 2010 per le preoccupazioni sui tumori sviluppati dagli animali su cui era stata sperimentata.
L’azienda produttrice ha però presentato di nuovo la domanda, allegando maggiori dati, da cui è emerso che i rischi, per l’uomo, di sviluppare un tumore per via del farmaco sono bassi.
La pillola Belviq è indicata per i soggetti obesi con un BMI (indice di massa corporea) superiore a 30 Kg/mq o a quelli in sovrappeso con un BMI di 27 kg/mq, se affetti da patologie concomitanti (ipertensione, diabete, ipercolesterolemia), non è raccomandata in gravidanza o alle donne che allattano.
Vari gruppi di consumatori, giudicano inopportuno l’assenso dell’Fda e chiedono il ritiro del farmaco.
Le principali preoccupazioni vertono sul fatto che funziona come la fenfluramina, un derivato anfetaminico che, usato insieme alla fentermina è stato ritirato dal mercato nel 1997, perchè danneggiava le valvole cardiache. Secondo l’Fda questo nuovo farmaco non dovrebbe causare problemi, tuttavia raccomanda di non usarlo oltre 12 settimane, se non si perde il 5% del peso, per non essere esposti a rischi.
Erano 13 anni che si aspettava l’arrivo di un nuovo farmaco contro l’obesità, perché al momento attuale l’unico farmaco in commercio per combattere l’obesità agisce sull’assorbimento dei grassi, ed è adatto ai “grandi mangiatori” ma non agisce sul craving (desiderio compulsivo) di carboidrati utilizzati per un senso di appagamento.
Se analizziamo i farmaci messi in commercio nel passato, e quelli tuttora sotto osservazione, notiamo che essi sono stati via via accantonati per mancanza di completa sicurezza.
Sibutramina non assicura una protezione cardiovascolare adeguata.
Rimonabant agisce sui recettori degli endocannabinoidi, bloccando quelli di tipo 1 e riduce il senso di appetito; è stato ritirato dal commercio perché si è osservato che poteva indurre depressione e causare pensieri suicidi.
Fentermina e topiramato agiscono aumentando il dispendio energetico e riducendo l’appetito, però la fentermina ha un’azione dannosa a livello cardiaco, in particolare a livello valvolare e, se usata in dosi elevate, aumenta la frequenza. Il topiramato è un antiepilettico che può dare depressione. Tale associazione sarà messa in commercio prossimamente in USA con il nome di QSYMIA (precedentemente noto col nome di QNEXA) per l’approvazione e la vendita in europa bisognerà aspettare la decisione dell’ EMA prevista per fine autunno
I principali problemi legati all’assunzione di questi farmaci riguarda l’apparato cardiovascolare, perché?
Innanzitutto perché aumentando il metabolismo basale, hanno un’azione cardiovascolare “eccitante” e poiché l’obeso, spesso, ha già una cardiopatia questi fattori possono rivelarsi dannosi.
Per quanto riguarda i serotoninergici (sibutramina, fentermina), hanno la capacità di agire sulle strutture valvolari cardiache provocando valvulopatia.
Nel caso del nuovo farmaco (Lorcaserina) sembrerebbe più sicuro degli altri perché agirebbe sui recettori della serotonina di tipo 2C, meno distribuiti a carico del tessuto cardiaco, come dimostrano i vari trial sul suo funzionamento, come quello pubblicato sul NEJM Multicenter, Placebo-Controlled Trial of Lorcaserin for Weight Management N Engl J Med 2010.
Tutti i trial hanno avuto una durata di un paio di anni, e hanno considerato con attenzione tale effetto, che sembrerebbe in questo caso scongiurato.
In Europa non è ancora mai stata fatta una sperimentazione e non ci sono studi pubblicati che abbiano coinvolto centri europei.
Ma tornando a quanto accennato precedentemente nel 2010 la stessa FDA ha rifiutato il farmaco perché connesso nel modello animale con lo sviluppo di patologie neoplastiche.
Dopo due anni la stessa azienda avrebbe riproposto il farmaco, specificando però che i rischi tumorali sarebbero presenti solo nei topi.
Tuttavia bisogna precisare che un farmaco che predisponga alla proliferazione tumorale impiega parecchi anni nell’uomo per manifestarsi. Il modello murino dovrebbe essere sufficiente a non promuovere la cosiddetta sperimentazione di efficacia sull’uomo, che perdura anche a seguito della messa in commercio del farmaco o principio attivo.
A questo punto le domande d’obbligo sono: l’uso di un farmaco per curare l’obesità prescinde dalla dieta e da un corretto stile di vita?
Sottolineiamo che la pillola non protegge dal rischio di riacquistare chili in più se non si ristabiliscono adeguate norme alimentari e uno stile di vita corretto.
Inoltre ha senso l’assunzione di un farmaco con relativi effetti collaterali per ottenere un calo ponderale del 5-10% rispetto al totale iniziale, in due anni di trattamento (come da studio sopracitato), essendo comunque questo associato a direttive nutrizionali e suggerimenti di esercizio fisico?
E’ importante ricordare che la vera difficoltà non è perdere peso ma mantenere il calo ottenuto, perché significa acquisire e mantenere uno stile di vita adeguato.
Non a caso quando si fa sperimentazione su un farmaco solo la metà delle persone arruolate arrivano alla fine della sperimentazione, e questo dimostra come, per alcuni, cambiare le proprie abitudini è un impegno troppo gravoso.
Un’altra domanda: con la pillola antifame riusciamo a ridurre la quantità di calorie introdotte senza fatica, ma ha senso azzerare farmacologicamente il senso di fame? Non è forse più utile impegnarsi ad ascoltare ed educare il proprio organismo all’assunzione di cibo di qualità e in quantità corretta?
In numerosi articoli abbiamo spiegato come l’organismo sia in grado di ottenere ottimi risultati nella gestione del peso utilizzando alcuni semplici accorgimenti come:
Fare una buona prima colazione e per questo rimandiamo all’articolo Quello che mangiamo a colazione influenza il nostro appetito della giornata
Verificare la presenza di eventuali intolleranze alimentari
Svolgere regolarmente attività fisica
Concludiamo con uno studio da noi effettuato circa 10 anni fa su oltre 500 pazienti sovrappeso e obesi, che dimostra come l’impostazione di una dieta rispettosa delle intolleranze alimentari possa realizzare un calo ponderale del 10%, valore consigliato dalle Linee guida – LIGIO ’99. (sia il gruppo dei soggetti sovrappeso che dei soggetti obesi) Approfondimento: Dimagrire con le intolleranze alimentari
Lo studio aveva evidenziato inoltre che, sia nel gruppo femminile che in quello maschile (sovrappeso ed obesi), si assisteva ad un iniziale perdita di peso, ad un successivo assestamento e quindi ad una nuova perdita.
I quesiti posti in questo articolo vogliono essere motivo e oggetto di riflessione per quanti lo leggeranno e per tutti coloro che devono affrontare problematiche legate alla perdita di peso.