Meno sale meno infarti e ictus
Elevati apporti di sodio aumentano il rischio per alcune patologie cardiovascolari, e renali.L'ennesima conferma ci arriva da uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ........

Meno sale meno infarti e ictus – Una riduzione del sale giova alla salute! Non a caso infatti un consumo eccessivo di sale può favorire l’instaurarsi di ipertensione arteriosa, soprattutto nelle persone predisposte.
Elevati apporti di sodio aumentano il rischio per alcune patologie cardiovascolari, e renali, sia attraverso l’aumento della pressione arteriosa che indipendentemente da questo meccanismo. Un elevato consumo di sodio è inoltre associato a un rischio più elevato di tumori dello stomaco, a maggiori perdite urinarie di calcio e quindi, probabilmente, a un maggiore rischio di osteoporosi.
L’ ennesima conferma ci arriva da uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ad opera di Kirsten Bibbins-Domingo dell’ University of California di San Francisco e dei suoi collaboratori. Projected Effect of Dietary Salt Reductions on Future Cardiovascular Disease.
N Engl J Med. 2010 Jan 20.
Lo studio evidenzia come la riduzione giornaliera di sale di solo 3 grammi, permetterebbe di evitare un gran numero di ictus, infarti del miocardio e decessi correlati agli eventi cardiovascolari.
E’ stato calcolato che negli Stati Uniti la riduzione del sale porterebbe ad evitare 99 mila infarti, 66 mila ictus, 92 mila morti. Basterebbe comunque anche la riduzione di un solo grammo di sale al giorno per garantire una drastica riduzione di tali eventi sfavorevoli, con un miglioramento significativo della salute.
Lo studio americano indica poi quali sono le fasce di popolazione che potrebbero giovarsi maggiormente di tale riduzione di sale. Ad esempio:
- tra le donne ci sarebbe circa il 15 per cento in meno di ictus;
- tra le persone di età compresa fra i 35 e i 64 anni la mortalità si ridurrebbe del sei per cento.
È anche interessante notare che la riduzione di tre grammi di sale assunto giornalmente avrebbe lo stesso beneficio sulla mortalità della popolazione del trattamento farmacologico dell’ipertensione di tutti i soggetti affetti da questa condizione.
Un cambiamento nello stile di vita che avrebbe dunque lo stesso effetto di una vera e propria “medicina”.
Riuscire a raggiungere questo obiettivo non è facile quanto potrebbe sembrare, dal momento che i cambiamenti degli stili di vita di una popolazione sono abbastanza complessi da raggiungere, ma non è neppure così difficile, soprattutto se la riduzione avviene gradualmente. Infatti il nostro palato si adatta facilmente, ed è quindi possibile rieducarlo a cibi meno salati. E’ esperienza comune, fra l’altro, che nel giro di un paio di settimane dall’inizio della riduzione del sale nella dieta, il senso del gusto torni più vivo, cosa che consente di apprezzare maggiormente i diversi sapori e, in molti casi, di trovare eccessivamente salato il cibo servito comunemente fuori casa. Le spezie e le erbe aromatiche possono sostituire il sale o almeno permettere di utilizzarne una quantità decisamente minore, conferendo uno specifico aroma al cibo migliorandone le qualità organolettiche.
Non dimentichiamoci poi che sarebbe opportuno sensibilizzare i produttori di cibi confezionati a ridurre la quantità di sale aggiunto alle preparazioni. Si sa infatti che ben oltre la metà del sale ingerito da ciascuna persona proviene da cibi preparati dall’industria e solo una piccola parte viene invece aggiunta durante la lavorazione casalinga; comunque le papille gustative dell’intero mondo occidentale sembrano essersi talmente abituate al sapore del sale, che i consumi individuali possono arrivare a superare anche i 10 grammi al giorno, (da una stima fatta da S.I.N.U. società italiana nutrizione umana) quando la dose raccomandata sarebbe di quattro-cinque grammi, che diventano addirittura circa tre e mezzo per chi soffre di ipertensione o per chi ha comunque superato i 40 anni.
Una nota interessante che serva da esempio per i produttori di cibi confezionati: come ha dimostrato un programma di riduzione del dieci per cento del sale presente nei cibi confezionati, realizzato in Gran Bretagna in un periodo di quattro anni non ha determinato la temuta riduzione del consumo di questi cibi; sembra che alla fine le persone si siano abituate al sapore leggermente più insipido, fino a considerarlo normale.
Una ulteriore precisazione, spesso nella pratica clinica quotidiana troviamo soggetti ipertesi, con problematiche tipo sindrome premestruale, cellulite…., che sottoposti a un test per la ricerca delle intolleranze alimentari (Test DRIA) risultano essere intolleranti al sale.
Per conoscenza riportiamo la percentuale di intolleranze riscontrate:
Nel 2002: sono state visionate retrospettivamente le cartelle cliniche di 532 pazienti che si sono sottoposti al Test DRIA per la ricerca delle intolleranze alimentari a partire dal gennaio 2000 al gennaio 2002. La percentuale riscontrata di pazienti intolleranti al sale è stata del 28,8%
Nel 2007: sono state visionate retrospettivamente le cartelle cliniche di 228 pazienti che negli ultimi 2 anni si sono sottoposti presso il nostro studio medico sempre al Test DRIA per la ricerca delle intolleranze alimentari. La percentuale riscontrata di pazienti intolleranti al sale è stata del 25,52%
Per invitare tutti coloro che leggeranno questo articolo ad attuare il “cambiamento delle abitudini alimentari” riportiamo un riassunto della scheda che consegniamo ai pazienti intolleranti al sale.
Ricordiamo che in una dieta che controlli l’apporto di sale, è sufficiente ridurre al minimo le quantità utilizzate normalmente per condire verdure e pietanze (imparando ad utilizzare di più spezie e aromi per modulare i sapori), e salare con molta moderazione le acque di bollitura (per pasta, riso, patate). L’intervento dietologico vero e proprio consiste invece nella cospicua riduzione di tutti quei prodotti di preparazione industriale e/o casalinga ad alto contenuto di sale attenzione quindi a :
Dado da brodo (anche quelli solo vegetali).
Salse di qualunque tipo: comprese quelle macrobiotiche e ovviamente tutto il fast food.
Estratti di carne o vegetali per brodo
Tutti i formaggi: compresi parmigiano e mozzarella, anche in minima quantità come la classica spolverata sulla pasta.
Insaccati e salumi (tutti).
Carne affumicata, secca ,conservata: bresaola compresa, anche se “naturale o biologica”.
Pesce affumicato: salmone, aringa, tonno ecc.
Pesce conservato: alici in scatola, acciughe sotto sale, tonno in scatola – anche “al naturale” – vongole, caviale ecc.
Prodotti da forno: focacce, pizze, pane, cracker, grissini, biscotti, ecc. Anche i dolci, le torte e i biscotti (soprattutto quelli industriali), come pure il pane senza sale (tipo toscano), molti cereali per la prima colazione, nonostante le apparenze hanno un contenuto intrinseco di sale abbastanza elevato.
Olive, patatine, frutta secca tostata e salata: tutti gli snack da aperitivo comprese noccioline, mandorle, nocciole, arachidi e simili.
Preparazioni in salamoia: e quasi sempre anche sottaceti e sottoli.