Ormone del fegato “frena” la voglia di zuccheri
Il primo ormone prodotto dal fegato che potrebbe aiutare a migliorare la dieta e lo stato di salute di pazienti con problemi di diabete e obesità

Il fegato produce un ormone che sembra frenare la voglia di zuccheri e alcol
Da due studi condotti sui mammiferi, uno dell’Università dell’Iowa e l’altro del Southwestern Medical Center dell’Università del Texas, pubblicati sulla rivista Cell metabolism è emerso che un ormone prodotto dal fegato farebbe da “freno” al desiderio e alla quantità dei consumi di alcol e zuccheri.
Questo ormone, chiamato FGF21, riduce la voglia e il consumo di zucchero e alcol, in alte quantità, parallelamente al calo del livello di dopamina, un neurotrasmettitore che gioca un ruolo molto importante nei comportamenti associati a premi e ricompense.
Studi precedenti avevano già evidenziato l’impatto di alcuni ormoni sull’appetito, ma nessuno agiva su specifici nutrienti, come carboidrati, proteine o grassi.
Questo è invece il primo ormone prodotto dal fegato che sembra avere tali effetti e potrebbe aiutare a migliorare la dieta e lo stato di salute di pazienti con problemi di diabete e obesità.
Ma come funziona?
Nei topi si è visto che il fegato lo produce in risposta al consumo di zucchero, per poi entrare nella circolazione sanguigna dove manda un segnale al cervello cui ‘impone’ lo stop alla voglia di zucchero. L’ormone è associato a stress ambientali, come una dieta estrema o l’esposizione a temperature fredde. Viene anche prodotto, nei mammiferi, quando si consumano carboidrati. Da oltre 50 anni si sa che il fegato è un importante regolatore del consumo e preferenza per alcuni cibi. E poiché questo ormone viene prodotto a livello epatico, si può supporre, che il suo scopo sia quello di migliorare la qualità della dieta, evitare il consumo di cibo spazzatura o proteggere il fegato dall’eccesso di alcol. Qualunque sia la sua origine, questa sua capacità potrà essere sfruttata a livello terapeutico per diabete e obesità.
A proposito di “zucchero…….. ” Le cellule tumorali, per crescere in provetta, hanno bisogno di molto zucchero, di molta insulina e di ormoni simili a essa
Che ci fosse una corrispondenza tra obesità/sovrappeso e certi tumori, gli epidemiologi lo avevano già notato. Ma fino a poco tempo fa si trattava di una di quelle correlazioni stabilite semplicemente osservando gruppi di persone.
Oggi, invece, le prove biologiche sono tali che la bibbia della scienza americana, “Science”, le ha consacrate in un articolo di rassegna del primo numero del nuovo anno.
All’origine di molti tumori, dunque, potrebbero esserci delle alterazioni metaboliche, cioè trasformazioni locali che rendono i tessuti un terreno fertile per la crescita incondizionata delle cellule malate. Mutamenti causati in primo luogo da una scorretta alimentazione.
Ciò che mangiamo avrebbe dunque un’importanza ancora più cruciale del previsto e un ruolo che si esplicherebbe in maniera diversa, più complessa, rispetto a quanto supposto fino a poco tempo fa. Al centro c’è un ormone non certo nuovo: l’insulina, finora considerata solo per ciò che accade quando scarseggia, come nel diabete, o per la sua funzione di regolatrice degli zuccheri nel sangue. Al contrario, nuovi dati, anche molto diversi tra loro, assegnano ormai a questa sostanza funzioni alquanto più articolate, in molti casi favorevoli allo sviluppo dei tumori.
La prima constatazione che ha portato a concentrare l’attenzione sull’insulina è stata, come si diceva, di tipo epidemiologico: le persone obese (che spesso hanno elevati livelli di insulina), così come quelle che soffrono di diabete, hanno un rischio considerevolmente superiore alla media di sviluppare un cancro e di morirne rispetto a quanto si verifica nei malati normopeso.
La seconda osservazione è stata sperimentale: le cellule tumorali, per crescere in provetta, hanno bisogno di molto zucchero, di molta insulina e di ormoni simili a essa (come l’insulin-like growth factor 1 o Igf1) ed esprimono sulla loro superficie molte proteine fatte apposta per captare insulina e Igf1, di norma quasi assenti.
Per molti anni è stato difficile dare una spiegazione di questo fenomeno, tuttavia negli ultimi anni il quadro è diventato più completo ed ha evidenziato il fatto che chi si sottopone a severe restrizioni caloriche (che causano un crollo dell’insulina) ha un rischio inferiore di avere un cancro.
In sintesi, le cellule per diventare tumorali farebbero ricorso a circuiti metabolici specifici e diversi da quelli usati dalle cellule sane per incamerare molto zucchero e, grazie all’insulina e all’Igf1, per utilizzarli non solo come fonte di energia, ma anche come materiale per produrre tumori. Se questa è la situazione, è del tutto evidente che ciò che mangiamo è davvero fondamentale.
Oggi è risaputo che le oscillazioni di insulina sono fondamentali sul rischio-cancro, e che studiandodone le funzioni, si è scoperto che al centro di molte reazioni che legano l’insulina all’innesco della proliferazione neoplastica c’è una proteina chiamata P38 alfa, e che è possibile intervenire su di essa ottenendo effetti a volte molto significativi.
In provetta e nei modelli animali, se si blocca questa proteina, si arresta la crescita delle cellule malate e anzi, se ne induce la morte. Inoltre, esperimenti su animali hanno già mostrato che farmaci specifici potenziano l’effetto tanto della chemioterapia quanto dei farmaci biologici.
In attesa che sia prodotta una nuova classe di antitumorali che prendono di mira l’insulina e i suoi complicati circuiti, un dato è comunque certo, dal momento che l’ormone è regolato direttamente da ciò che mangiamo: l’azione dei nutrienti non si limita a danneggiare alcuni pezzi di Dna o a proteggerne altri, ma si esplica in modo assai più complicato e indiretto. “Per questo è così importante che l’organismo sia mantenuto in una condizione stabile nella quale l’insulina svolge le sue funzioni ma non è in eccesso e non scatena quindi gli eventi che possono portare al cancro”.
In altre parole, per avere un effetto protettivo è indispensabile abituarsi fino da piccoli a mangiare molte fibre (verdura e frutta), poca carne, pochi grassi, pochi zuccheri, molti alimenti integrali e oli ricchi di grassi insaturi, perché tutto ciò che noi mangiamo influenza lo stato generale di salute dell’organismo e i comportamenti delle singole cellule: se queste trovano un terreno fertile per la crescita, ricco di insulina e con proteine come la P38 alfa in piena attività, lo fanno, mentre se l’ambiente è in qualche modo ostile diventa molto più complicato dare il via alla cancerogenesi e, soprattutto, portarla avanti.