Peso e depressione: terapia farmacologica

L'Agenzia Italiana del Farmaco ha finalmente disposto il divieto di vendita di Acomplia (rimonabant), in seguito alla valutazione delle informazioni disponibili sui benefici e sui rischi di disturbi psichiatrici nei pazienti in trattamento.

Peso e depressione: Dimagrire con terapia farmacologica può portare a disturbi psichiatrici

–  L’Agenzia Italiana del Farmaco ha disposto il divieto di vendita del medicinale Acomplia (Rimonabant), prodotto da Sanofi Aventis, su tutto il territorio nazionale a seguito della raccomandazione Emea di sospenderne l’autorizzazione all’immissione in commercio in tutti i Paesi europei.
Il Comitato per i medicinali per uso umano dell’EMEA (CHMP), infatti, in seguito alla valutazione delle informazioni disponibili sui benefici e sui rischi di Acomplia ha confermato che il rischio di disturbi psichiatrici nei pazienti in trattamento con questo farmaco e’ raddoppiato rispetto a coloro che assumono placebo e che tali eventi avversi non possano essere tenuti sotto controllo con ulteriori misure di minimizzazione del rischio. Acomplia, in commercio in Europa dal 2006 e in Italia da 5 mesi, e’ utilizzato come terapia aggiuntiva alla dieta e all’esercizio fisico per il trattamento di pazienti obesi, o in sovrappeso, in presenza di fattori di rischio. L’AIFA (www.agenziafarmaco.it),  raccomanda ai pazienti in trattamento con il farmaco di rivolgersi al proprio medico per la prescrizione di una  eventuale nuova terapia.

Vediamo ora  nel dettaglio le proprietà che avevano decretato l’immissione in commercio di questo farmaco

Il Rimonabant è un bloccante selettivo del recettore CB1 dei cannabinoidi in pratica blocca il legame dei cannabinoidi endogeni (come l’anadamide) ai recettori CB1. Il recettore CB1 è presente sia nel cervello che in altri tessuti tra cui il tessuto adiposo, l’ attivazione di questi recettori aumenta l’appetito; ovvio quindi che si poteva ipotizzare che il rimonabant potesse aprire una nuova frontiera nella lotta all’obesità. Si era inoltre pensato che essendo  il sistema dei cannabinoidi coinvolto anche nella dipendenza da tabacco, fosse una buona arma nella lotta al fumo.

Riportiamo alcuni studi che avevano portato alla immissione in commercio di tale farmaco:

  1. Studio RIO-Lipids (JAMA 2006 Feb 15;295(7):761-75).Il test RIO (1.036 soggetti distribuiti in tre gruppi, placebo, 5 mg/giorno, 20 mg/giorno; ricerca condotta presso la University di Quebec, Canada) mostrava ottimi risultati in termini di riduzione di peso, circonferenza addominale, lipidemia, profili glicemici. Dopo un anno i soggetti che avevano ricevuto 20 mg avevano perso circa 8,6 kg (il 5% del peso iniziale) e 9,1 cm al girovita, migliorato il colesterolo HDL del 23% e ridotto i trigliceridi del 15%. Per contro il gruppo cui era stato dato il placebo aveva perso circa 4 kg. La tolleranza è stata buona con disturbi transitori quali nausea, vomito e vertigini. Sono anche stati osservati miglioramenti significativi dei fattori di rischio emergenti , un aumento dei livelli di adiponectina (proteina correlata ad un ridotto rischio di diabete e di malattie cardiovascolari) e una diminuzione dei livelli di PCR (proteina C reattiva) marker infiammatorio associato al rischio cardiovascolare. L’ analisi statistica ha dimostrato che l’aumento dei livelli di adiponectina osservato in tale studio fa ipotizzare un effetto diretto di rimonabant su tale fattore
  2. In un altro studio il trattamento con 20 mg/giorno di Rimonabant ha ridotto della metà il numero di pazienti diagnosticati con iniziale sindrome metabolica, cioè l’associazione di diabete tipo 2, insulino-resistenza, ipertrigliceridemia, obesità viscerale, ipertensione arteriosa, aumentata incidenza di cardiopatia.
  3. Il test Status ha preso in esame 787 fumatori (23 sigarette di media al giorno), anch’essi suddivisi nei tre gruppi (placebo, 5 mg/giorno, 20 mg/giorno). Il fumo era permesso per le prime due settimane, con la richiesta di smettere al quindicesimo giorno. Si sono considerati positivi al test coloro che non hanno fumato nelle ultime 4 settimane delle 10 di durata complessiva del test. Per il gruppo con 20 mg/giorno di Rimonabant il successo è stato del 36%, mentre per il gruppo con 5 mg o per il gruppo con placebo la percentuale è stata del 20%. Inoltre questi due gruppi hanno mostrato un incremento corporeo dell’84% rispetto a quello del primo gruppo. Tale  studio è importante perché fissa in 20 mg/giorno la dose efficace del farmaco.

Una osservazione: Da tali studi appare evidente che i risultati valutati nell’ottica del calo ponderale sono decisamente modesti in quanto permette un calo ponderale del 5%, (ricordiamoci però che il gruppo placebo di controllo cala comunque del 2,5%; e che durante la ricerca entrambi i gruppi miglioravano il loro stile di vita) Bisogna però osservare che dopo un anno di terapia le curve tendono al plateau, cioè non ci si deve aspettare un ulteriore miglioramento. Il dato sicuramente più interessante che emergeva da questi studi è sicuramente il netto miglioramento di quei fattori che concorrono al miglioramento del rischio cardiovascolare ed all’ insorgenza della sindrome metabolica.

Sorge spontanea quindi una domanda ?

Perché anziché ricorrere ai farmaci contro il soprappeso e l’obesità non ci ricordiamo che la corsa, la camminata e l’attività fisica in genere rimangono uno dei “farmaci naturali” più attivi per calare di peso, aumentare il metabolismo, e controllare la depressione, anzichè farla venire; numerosi sono gli articoli in merito ad esempio Exercise for depression. Cochrane Database Syst Rev. 2008 Oct 8;(4):ci mostra come l’esercizio fisico possa migliorare i sintomi di depressione nelle persone con diagnosi di tale patologia anche se sarebbe opportuno ampliare il numero di soggetti interessati allo studio includendo anche quei soggetti che non soddisfano i criteri diagnostici per la depressione ma hanno disistima.  
Un ulteriore quesito pensiamo che l’utilizzo di un farmaco possa essere sufficiente a modificare un eccesso di peso? Al limite potrà essere un aiuto; ma considerando che l’ obesità è una patologia infiammatoria cronica come abbiamo ripetutamente affermato è indispensabile modificare quelle abitudini alimentari scorrette che portano ad alterazione della resistenza insulinica. 

 

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