Peso e glicemia aumentano anche con i dolcificanti artificiali . . . “microbiota”

Da uno studio pubblicato sulla rivista Nature è emerso che aspartame, saccarina e sucralosio possono provocare alterazioni metaboliche che si traducono in un aumento della glicemia...

Microbiota

Peso e glicemia  aumentano anche con i dolcificanti  artificiali . . .

Da uno studio pubblicato sulla rivista Nature Artificial sweeteners induce glucose intolerance by altering the gut microbiota, , presentato al congresso dell’European Association for the Study of Diabetes di Vienna è emerso che aspartame, saccarina e sucralosio possono provocare alterazioni metaboliche che si traducono in un aumento della glicemia. I dolcificanti sono largamente utilizzati al posto dello zucchero per cercare di ridurre l’introito calorico, sono contenuti in bevande dolcificate o soft drink, snack, caramelle, chewingum, yogurt, biscotti, e molti sono stati gli studi fatti per valutare gli effetti sulla salute. Molte associazioni scientifiche ne sconsigliano l’uso nei bambini sotto i tre anni, nelle donne in gravidanza e in allattamento. Lo studio è stato condotto su topi e su uomini.
Quello sui topi, alla cui alimentazione era stata aggiunta saccarina, aspartame o sucralosio ha evidenziato che i dolcificanti alteravano il loro metabolismo facendo aumentare la glicemia a livelli significativi, e inoltre sviluppavano una condizione di intolleranza glucidica definita pre-diabete. Il passaggio successivo è stato analizzare il microbiota intestinale, considerato un vero e proprio organo, individuando anche lì, una modifica sostanziale della flora batterica intestinale rispetto ai topi del gruppo di controllo. Trapiantando poi da topi con glicemia elevata a topi sani il microbiota intestinale si aveva un innalzamento della glicemia anche nei topi con livelli precedentemente normali. Il gruppo di ricercatori ha studiato poi il microbiota intestinale di oltre quattrocento persone scoprendo che la popolazione batterica dei consumatori di dolcificanti era profondamente diversa da quella dei non consumatori. Inoltre il consumo di dolcificanti era correlato con livelli più elevati di glicemia. Gli autori dello studio hanno così arruolato sette volontari non consumatori di dolcificanti facendoglieli consumare per una settimana. Dopo soli quattro giorni la metà di loro aveva glicemia alta e un’alterata composizione della popolazione batterica intestinale, proprio come nei topi. Infine il trapianto fecale dai volontari consumatori di dolcificanti a topi non consumatori provocava anche in questi ultimi un innalzamento della glicemia. E’ interessante osservare che questo studio ha dimostrato che i dolcificanti hanno modificato il microbiota intestinale e che questa modifica ha provocato intolleranza glucidica. Per maggiori chiarimenti sull’importanza che questa modificazione comporta, rimandiamo al seguente articolo Intolleranze alimentari, intestino e aumento di peso. 
Per anni i dolcificanti artificiali sono stati proposti come la soluzione “ottimale” all’eccesso di zucchero, ma nessuno è mai riuscito a dimagrire con i dolcificanti ipocalorici e numerosi studi hanno invece dimostrato che l’uso di bibite e cibi trasformati in light ha piuttosto contribuito alla crescita dell’obesità anziché alla sua diminuzione.

Il problema è il segnale indotto dalla dolcificazione, sia che venga ottenuta attraverso lo zucchero sia attraverso il dolcificante perché il sapore dolce determina un segnale forte di attivazione a cascata della ricerca ulteriore di zucchero o di cibi ricchi di calorie e di carboidrati nelle ore successive come si evince da uno studio pubblicato su Diabetes care.

I soggetti che avevano assunto dolcificanti artificiali dopo l’assunzione del successivo pasto si aveva un incremento del picco zuccherino, un aumento dell’insulina (con trasformazione dello zucchero in grasso) e una durata del picco insulinico molto più elevata del normale. Questo porta, ad una fame maggiore e, alla continua ricerca di zucchero nelle ore successive.

Ricordiamo che la continua dolcificazione determina un aumento dell’infiammazione che stimola a sua volta il fenomeno dell’ingrassamento attraverso un circolo vizioso collegato al segnale di allarme ricevuto dall’organismo.
Per concludere appare chiaro che all’origine dell’aumento di peso ci sia un problema di messaggi scorretti inviati al corpo, e in particolare uno squilibrio della flora intestinale.
Per questo motivo da oltre vent’anni, nella nostra pratica clinica, seguiamo persone con problemi di sovrappeso/obesità attraverso percorsi clinico-terapeutici che cercano nelle reazioni infiammatorie intestinali e da cibo la possibile causa di un aumento ponderale.

La nostra idea di “dieta”
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Colloquio informativo generale e consenso informato

– Anamnesi patologica e alimentare 
– Visita medica specialistica
– Valutazione dei parametri antropometrici (peso, altezza, Body Mass Index, % Body fat, circonferenza vita) 
– Esecuzione Test DRIA o F.I.T. Test (IgG) per la ricerca delle intolleranze alimentari
– Formulazione di un programma nutrizionale-dietologico, che tenga conto delle intolleranze alimentari riscontrate al test e spiegazione dettagliata del tipo di dieta da seguire. Tale programma è orientato al recupero della tolleranza, e ha come fine non solo il calo ponderale, ma anche l’acquisizione di corrette abitudini alimentari che mantengano nel tempo i risultati ottenuti.

– Consegna di un resoconto scritto dell’esame svolto, delle schede relative alle intolleranze alimentari riscontrate, e dell’elaborato del programma nutrizionale.
– Controlli nutrizionali successivi da stabilire in relazione all’evoluzione del percorso

 

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