Prima causa di morte per malattie cardiache: dieta scorretta

Secondo uno studio pubblicato su European Heart Journal - Quality of Care and Clinical Outcomes, più di due terzi dei decessi mondiali dovuti a malattie cardiache potrebbero essere prevenuti con diete più sane.

Prima causa di morte per malattie cardiache: dieta scorretta

Secondo uno studio pubblicato su European Heart Journal – Quality of Care and Clinical Outcomes, più di due terzi dei decessi mondiali dovuti a malattie cardiache potrebbero essere prevenuti con diete più sane. «La nostra analisi mostra che, sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo, diete poco sane, ipertensione e valori elevati di colesterolo nel sangue sono i tre principali responsabili delle morti per cardiopatia ischemica» afferma Nicola Luigi Bragazzi, della York University di Toronto, Canada, autore senior del lavoro.

Lo studio ha analizzato i dati del Global Burden of Disease Study 2017, condotto in 195 paesi tra il 1990 e il 2017. I ricercatori hanno calcolato l’impatto di 11 fattori di rischio sulla morte per cardiopatia ischemica:

  • dieta,
  • ipertensione,
  • colesterolo Ldl alto,
  • glicemia alta,
  • uso di tabacco,
  • indice di massa corporea (B.M.I.) elevato,
  • inquinamento atmosferico,
  • basso livello di attività fisica,
  • funzionalità renale compromessa,
  • esposizione al piombo e uso di alcol.

Secondo gli esperti, supponendo che tutti gli altri fattori di rischio rimangano invariati, sarebbe possibile
prevenire il 69,2% dei decessi per cardiopatia ischemica nel mondo se si adottassero diete più sane,
il 54,4% se la pressione arteriosa sistolica fosse mantenuta a 110-115 mmHg,

e il 41,9% se il colesterolo Ldl nel sangue rimanesse entro 0,7-1,3 mmol/L.
Non solo, ma se la glicemia a digiuno rimanesse intorno a 4,8-5,4 mmol/L si potrebbe prevenire il 25,5% dei decessi, mentre l’eradicazione del fumo e del fumo passivo potrebbe eliminarne il 20,6%.
Gli autori sottolineano che l’uso del tabacco si è classificato al quarto posto nella causa dei decessi per cardiopatia ischemica negli uomini, ma solo al settimo nelle donne.

Un indice di massa corporea elevato è stata la quinta causa di morte per cardiopatia ischemica nelle donne e la sesta negli uomini.    Per le donne, inoltre, il 18,3% dei decessi per cardiopatia ischemica potrebbe essere prevenuto mantenendo il B.M.I. a 20-25 kg/m2.

 

In entrambi i sessi, i contributi percentuali dell’inquinamento atmosferico e dell’esposizione al piombo ai decessi per cardiopatia ischemica standardizzati per età sono aumentati parallelamente al grado di sviluppo del paese di residenza.

Una osservazione circa l’intossicazione da metalli pesanti: nella società di oggi è difficile evitare completamente gli inquinanti e l’esposizione ai metalli tossici che, anche in piccole quantità, possono portare a un accumulo cronico nell’organismo. Gli esami del sangue, delle feci, delle urine e il mineralogramma del capello, con indicazioni e caratteristiche differenti, sono i sistemi più utili per valutare l’accumulo di metalli pesanti, il rischio di tossicità e le possibili fonti di esposizione per fornire al medico indicazioni utili per la prevenzione e il trattamento delle intossicazioni da minerali tossici. La ricerca dei metalli pesanti a livello ematico fornisce indicazioni esclusivamente in caso di esposizioni acute di una certa gravità ed è utile solo a brevissimo termine. I metalli pesanti vengono rimossi rapidamente dal sangue e penetrano nei tessuti: proprio per questo dopo poche ore dall’esposizione acuta non è più possibile rilevarne la presenza a livello ematico. L’esame dei minerali nelle feci permette di indagare i livelli di esposizione tossica derivante dal cibo, dall’acqua e da eventuali integratori o farmaci assunti. Può essere molto utile per valutare la qualità del cibo che si sta mangiando e per ricercare una possibile fonte di intossicazione ma non fornisce alcuna indicazione su un eventuale accumulo di minerali tossici nell’organismo. La ricerca dei metalli nelle urine può essere eseguito con due differenti modalità. Il test basale fornisce indicazioni simili all’esame ematico e risulta alterato solo quando si è sottoposti a un’esposizione acuta molto recente. Molto più utile l’esame delle urine post terapia chelante, che permette di valutare il livello di metalli tossici accumulati nell’organismo e la risposta alla terapia di chelazione.
Per finire il mineralogramma (valutazione effettuata su un semplice campione di capelli del soggetto da esaminare) consente di monitorare la carenza e l’eccesso dei più importanti oligoelementi e permette di valutare accumuli cronici di metalli tossici anche di minima entità. Il dosaggio dei minerali nel capello, a differenza di quello sul sangue e sulle urine, è poco soggetto a fluttuazioni e permette di stimare l’esposizione ai metalli tossici negli ultimi 3-4 mesi. 

Tratto da Nutrizione 33