Perchè si ingrassa….. fame o appetito?

perchè si ingrassa

Perché si ingrassa… Fame o appetito?

Il nostro peso è legato all’equilibrio della bilancia energetica, che è data dalla differenza tra l’energia introdotta con gli alimenti e l’energia consumata, se questi due valori sono equivalenti non si ha aumento di peso, ma se l’energia introdotta supera quella consumata per la legge della termodinamica che  nulla si distrugge ma tutto si trasforma si registra un aumento di peso, l’energia in eccesso viene trasformata in grasso corporeo.
L’assunzione di cibo è regolata dall’ipotalamo, dove sono collocati il centro della “fame” e il centro della “sazietà”.
Il funzionamento del centro della fame è regolato da meccanismi autonomi come concontrazioni gastriche, ipoglicemia, diminuzione riserve energetiche, e da meccanismi volontari quali appetiti, orari, abitudini; con l’assunzione di cibo e quindi la distensione delle pareti gastriche e l’aumento del livello di zuccheri nel sangue, si attiva il centro della sazietà che dovrebbe inibire l’attività del centro della fame e far cessare così l’assunzione di cibo.
Questo meccanismo funziona molto bene negli animali, nell’uomo intervengono anche fattori come l’appetito, il gusto che talvolta spingono un individuo a cercare cibo indipendentemente dalla fame.
La spesa energetica comprende varie voci:
  • metabolismo basale
  • attività fisica
  • termogenesi (mantenimento della temperatura corporea)
  • attività dinamico specifica degli alimenti
  • termogenesi non collegata all’esercizio fisico.

Le variazioni che la spesa energetica può subire sono legate a cambiamenti di rendimento della catena respiratoria e di rendimento del lavoro fisico.

Gli unici fattori della bilancia energetica su cui possiamo intervenire volontariamente sono l’assunzione di cibo e l’attività fisica.

Prima di proseguire dobbiamo fare delle importanti distinzioni tra alcuni termini legati a varie modalità di assunzione di cibo:
  • La Fame è il bisogno di qualsiasi cibo
  • L’appetito è il desiderio non legato a fattori energetici di un particolare cibo.
La pienezza è la fine del bisogno di cibo, la sazietà è la mancanza di fame, sensazione prolungata determina l’intervallo tra i pasti.
L’assunzione di cibo, come abbiamo già detto, è legata ad un insieme di segnali che provengono dal tessuto adiposo, dall’intestino, dallo stomaco, vengono elaborati dall’ipotalamo e integrati a livello corticale per essere tradotti in comportamenti di ricerca o astensione dal cibo.
I fattori umorali coinvolti nel controllo dell’alimentazione sono gli ormoni, i neuropeptidi, le citochine, i nutrienti ematici, i neurotrasmettitori.
Lo stimolo più importante sulla regolazione dell’appetito è la glicemia. Dei recettori cerebrali monitorizzano costantemente la concentrazione di glucosio nel sangue. Non appena la glicemia tende a scendere al di sotto dei valori di guardia si innesca lo stimolo della fame. Viceversa quando il glucosio ematico si alza eccessivamente il cervello capisce che non è più necessario mangiare.
I centri della fame e della sazietà sono pesantemente influenzati dai depositi di grasso dell’organismo. Quando le scorte lipidiche iniziano a scarseggiare il centro della fame stimola l’assunzione di cibo.
Non appena i depositi adiposi vengono ricostituiti il cervello riceve un segnale inibitorio sullo stimolo della fame.
A supporto della teoria lipostatica, qualche anno fa è stato pubblicato un interessante studio sulla relazione tra leptina e sovrappeso. Quest’ormone, codificato dal “gene dell’obesità” (gene OB), agisce a livello ipotalamico, determinando il senso della sazietà. Se i depositi di grasso aumentano viene incentivata la produzione di Leptina, se invece i depositi diminuiscono, l’introito calorico viene favorito dalla ridotta secrezione dell’ormone.
Topi privi del gene OB, data la correlata assenza di Leptina, ingrassano a vista d’occhio. Nell’uomo le cose sono più complesse poiché ci sono soggetti obesi con alte concentrazioni di leptina, quindi l’ipotesi è che in questi soggetti si sia sviluppata una resistenza alla leptina.
La leptina è una citochina, i suoi livelli circolanti sono legati all’entità della massa adiposa, tendono ad aumentare dopo il pasto mentre si riducono con un digiuno prolungato.
I fattori che stimolano la produzione di leptina sono:
  • la massa adiposa
  • La dimensione degli adipociti
  • L’iperalimentazione
  • L’insulina
  • Gli Acidi Grassi
  • I Glucocorticoidi
  • TNF α – IL1
I fattori che inibiscono la sua produzione:
  • Il digiuno
  • Il freddo
  • L’esercizio fisico
  • Gli androgeni
  • L’ipertonico simpatico
  • Catecolamine
  • L’ormone della crescita
La leptina invia al cervello utili informazioni sulla quantità di grasso accumulato dall’organismo, lo standard interno o set-point  o “lipostato” è localizzato a livello dell’ipotalamo; il meccanismo con cui il set-point confronta l’effettiva quantità di grasso corporeo con lo standard interno non è stato ancora chiarito come non si sa ancora come agisca per riportare il peso corporeo al suo valore iniziale.
Il set-point può essere influenzato da diversi fattori sia genetici che ambientali. come la dieta, l’attività fisica, lo stress tutti fattori che tendono ad alterare il peso corporeo spostando il set-point verso l’alto o verso il basso.
L’obesità è un esempio di set-point deviato verso l’alto mentre l’anoressia nervosa verso il basso.
 
I soggetti obesi sviluppano una resistenza alla leptina, nel senso che i suoi livelli non diminuiscono ma perde efficacia; in particolare sono i recettori dell’ipotalamo che perdono la sensibilità e sviluppano resistenza, i suoi livelli tendono a diminuire con la perdita di massa grassa, quindi se elevati livelli di leptina dovrebbero portare ad un’astinenza dal cibo e possono essere vanificati dalla leptino-resistenza, minori livelli dovrebbero indurne invece l’assunzione.
Sembra quindi che il controllo della bilancia energetica sia più sensibile alla perdita del peso che non al suo aumento.
Il digiuno provoca diverse modificazioni a livello neuroendocrino, come riduzione dei livelli dell’ormone tiroideo e l’attivazione dell’asse ipofisi-surrene (stato di stress)
Queste modificazioni vengono attenuate con l’assunzione di cibo, la dose di leptina richiesta per tali azioni neuroendocrine è minore rispetto a quella che induce la perdita di peso.
C’è anche un importante neurotrasmettitore che regola l’assunzione di cibo ed è la serotonina.
La serotonina è un neurotrasmettitore cerebrale che agisce sul senso di sazietà e sulla selezione dell’assunzione di carboidrati o proteine.
Aumentati livelli di serotonina inducono l’assunzione di proteine, una sua diminuzione spinge all’assunzione di carboidrati.
La protratta introduzione di glucidi ad alto indice glicemico può creare insulino resistenza e portare a Diabete di Tipo II se non addirittura alla Sindrome Metabolica.
Fra le varie conseguenze si ha anche un ossessivo bisogno di introdurre zuccheri, dovuto ad un aumento dei livelli di serotonina, causato proprio dall’insulina.
Serotonina e insulina sono strettamente legate, poiché la serotonina è in grado di promuovere il rilascio di insulina, inoltre la serotonina aumenta nelle ore notturne, così un pasto abbondante la sera aumenterà il rilascio di insulina e promuoverà il deposito di grassi nel tessuto adiposo.
L’insulina è un ormone dinamico coinvolto nel metabolismo dei carboidrati, dei grassi e delle proteine. Capace di ridurre l’appetito e la fame convulsa di carboidrati, ottimizza le capacità dell’organismo di bruciare calorie. Purtroppo accade che molti individui sviluppino una resistenza all’insulina: i siti del recettore insulinico di membrana diventano insensibili all’insulina circolante.
Per far fronte a tale situazione l’organismo produce più insulina (iperinsulinemia) e va incontro a quella che è chiamata Sindrome X, originariamente e attualmente Sindrome Metabolica, caratterizzata da diabete mellito tipo II (insulino-resistente),sovrappeso, disturbi cardiocircolatori, ipertensione, ipercolesterolemia e conseguentemente aterosclerosi.
L’insulina è coinvolta nella regolazione del peso corporeo attraverso diversi meccanismi:
  1. controllo del centro ipotalamico della sazietà;
  2. stimolazione della sintesi della serotonina;
  3. conversione della tiroxina in triiodotironina;
  4. mantenimento della massa muscolare magra.
Anche gli ormoni tiroidei svolgono un importante ruolo in questo gioco di sottili equilibri che porta alla perdita o all’aumento di peso.
Riassumiamo le loro principali funzioni:
  • Favoriscono la glicogenolisi e la gluconeogenesi, aumentano inoltre l’attività degli enzimi coinvolti nell’ossidazione del glucosio
  • Aumentano il consumo di ossigeno a riposo, innalzando il metabolismo basale la temperatura corporea ed il fabbisogno calorico quotidiano.
  • Stimolano sia la lipolisi (utilizzo di grasso a scopo energetico), sia la lipogenesi (sintesi di tessuto adiposo), con effetto prevalente sulla lipolisi
  • Aumentano la motilità intestinale, favoriscono l’assorbimento della cianocoballamina (vit. B12) e del ferro; aumentano la sintesi di eritroproteina, il flusso renale e la filtrazione glomerulare; stimolano la produzione endogena di altri ormoni ; hanno un ruolo permissivo sulle funzioni riproduttive e regolano il trofismo di cute ed annessi.
Nel gioco di questi equilibri biochimici che tendono a determinare il nostro senso di fame e sazietà, sui quali apparentemente non abbiamo controllo, possiamo invece esercitare una certa influenza con uno stile di vita attivo.
Recentemente è stato introdotto il concetto di una quota di dispendio calorico differenziato da quello legato all’esercizio fisico propriamente detto, calcolato tenendo conto di tutte le attività giornaliere che esulano dalla sedentarietà.
Persone naturalmente attive mantengono più facilmente un peso corporeo corretto rispetto a persone pigre che risultano così più inclini all’accumulo di peso, questo perché i soggetti attivi hanno un sistema più efficace di segnalazione della fame, mentre quelli inattivi hanno un inefficiente sistema di segnalazione della sazietà.
Un programma di perdita di peso non può basarsi solo su un programma di attività fisica deve essere accompagnato anche da un regime di restrizione calorica, tuttavia protrarre l’attività fisica oltre il raggiungimento del peso desiderato impedisce nella maggior parte dei casi il recupero del peso iniziale.
Questo significa che permette di fissare in modo coretto il nuovo set-point nel controllo della bilancia energetica in modo da evitare gli scostamenti del nuovo peso raggiunto, mentre in chi non svolge attività fisica il set-point rimane tarato sul peso iniziale verso cui tende inesorabilmente.
Riassumendo:
  • La bilancia energetica è un delicato meccanismo preposto al mantenimento del peso corporeo e alla regolazione della spesa energetica.
  • L’equilibrio tra l’ introduzione di calorie e il fabbisogno energetico è determinato da una serie di segnali per lo più umorali ma anche nervosi.
  • L’evoluzione ha reso questo sistema più sensibile ai segnali di carenza energetica traducendoli in senso di fame e quindi ricerca di cibo.
  • i segnali di abbondanza sono meno efficaci, mentre il sistema riconosce più facilmente le variazioni in diminuzione traducendoli in segnali di fame.
  • La maggiore disponibilità di cibi ad alta densità calorica e l’inattività fisica, oltre a cause ambientali e psicologiche, tendono a starare verso l’alto la bilancia energetica producendo un aumento di peso.

Concludendo la prevenzione può essere fatta solo con l’impostazione di una corretta alimentazione che tenga conto sia dei fattori bioumorali che psicologici, unitamente alla raccomandazione di uno stile di vita attivo e di un esercizio fisico costante , questi sono le uniche armi che abbiamo per combattere il soprappeso/obesità e per mantenere più efficiente il sistema di regolazione della bilancia energetica.